se il regno di Napoli, onde ¡1 suo oratore Navagero durava gran fatica a tenersod-disfatto l’animo di Carlo V. Intanto il duca si trovava assedialo nel castello, sempre sperando d’esser soccorso, per cui la repubblica ne scrisse al re d'Inghilterra a prestarlo sollecito perla conservazione e libertà d’Italia; e il Pescara pel suo cattivo governoavendo irritato tuttigli animi, con ¡stento trovava chi volesse lavorare nelle trincee, a’17 novembre avendo inoltre ordinato al senato di Milano e loro uflìziali, d’ esercital e i loro uffizi in tiomediCarloVe non più del duca. Grande fu l’impressione che produsse l’autorevole atto sulla popolazione e sul senato, per vedere lo spossessamelo del loro duca decretato ad onta di tutti i precedenti in contrario. Il senato si rifiutò ubbidire, non essendo ancora il duca dichiarato colpevole e privato dello stato. Nè quietandosi il marchese di Pescara e-sigette che la città giurasse, ma solo l’ottenne [ter non intraprendere nulla in danno dell’imperatore, senza farsi parola di sua dominazione. Di che malcontento,nel principio di dicembre fece intimare a tutti i milanesi dal governatore, dover giurare pe’loro snidaci nelle mani sue e del I.eyva, fedeltà a Carlo V ed a’suoi successori, e fare tutto quello che una città deve all'imperatore suo signore e all’impero. 11 male umore crescendo, frequenti zuffe e moli popolari annunziavano di prorompere in rivolta, quando il Pescara venne a morte a’3 dicembre, o nel declinar di novembre come altri vogliono. Gli successe nel comando degli eserciti imperiali il cugino ed erede d. Alfonso d’ Avalos marchese di Vaslo e Pescara. La repubblica fece vigorosi uffizi per la conservazione allo Sforza dello stato suo, e che non si operasse novità alcuna in Italia. E intanto l'assedio del castello di Milano continuava, da tutti facendosi lamenti per I’ infelice principe in esso rinchiuso, per vedersi tulle le piazze esposte all’avidità dcgl’imper iali, appai ire ini- 3a3 minente il servaggio di tutta Italia e de’ suoi principi, perciò si affrettassero col Papa a soccorrere l'alleato da loro riposto nel paterno retaggio. La repubblica energicamente coll’ambasciatore cesareo reclamò contro il procedere dell’ amico e collegato assedialo nel suo castello, e spogliato della città e delle fortezze, dichiarando non veri i trattati con esso e de’maneggi per aver Cremona. Il caso del Moroni e lo spogliamelo dello Sforza, ritenevasi dalla corte imperiale derivare da apparenza vana, fondarsi il processo nella lettera che il Moroni avea scritto, d’ordine del marchese di Pescaia, per le trattative in Italia contro CarloV, il quale avea stabilito dare Milanoal duca di Borbone. Nelle pratiche fatte dal senato contro I’ oppressione spagnuola , vide esser prudenza l’attendere consiglio dal tempo e cosa facesse il Papa e l’Inghilterra. Nè il tempo tardò a chiarire gli avvenimenti, poiché il re Francesco I noiato della lunga cattività, si piegò a sagrificare in apparenza, forse consigliato dalla sorella Margherita d’Alencon, gl’interessi della sua corona, coll’ intenzione d’ingannare un nemico che si mostrò verso di lui poco generoso, e a’ 14 gennaio 1526 segnò il famoso trattato di Madrid, dopo aver protestatosela violenza che glielo strappava. Dovendosi tener presente il detto a Frauda e altrove, in sostanza acconsentì a cedere a Carlo V il ducato di Borgogna, rinunziòad ogni pretensione sul Milanese, Genova e regno di Napoli, d’abbandonar l’Italia al suo rivale, impegnandosi di soccorrerlo d’una flotta e di truppe quando andasse a farsi coronare g Roma; promise la restituzione de’beni del Borbone e d’altre terre, d’estinguere un debito di circa 5oo,ooo scudi, incontra- lo da Carlo V co# Enrico Vili, e che a-vrebbe sposato Eleonora d’Austria di lui sorella, già promessa al Borbone e al quale ora davasi in cambio il ducato di Milano.Per la gravezza estrema di tali condizioni dovea prevedere Carlo V che nou