32« barone Rennriont chiama Francesco, ma forse per l’immediato succeduto disastro della città non ebbe luogo, e fino all’agosto vi restò il Venier, pel narrato nel voi. LXXIll, p.126). Clemente VII domandò aiuti al provveditore veneto dell’armata Giovanni Vetturi, ed egli col duca d’ Urbino, e Michele Antonio marchese di Saluzzo, mossero al suo soccorso da Firenze. Primo a partire per Roma fu il conte Guido Rangone, ma già gli svizzeri si mostravano renitenti se non erano pagali, e le truppe del Saluzzo erano più vogliose di saccheggiare che di battersi. Al loro arrivo gli avea prevenuti il Borbone, il quale a’6 maggio dato un furioso assalto alle mura della città, vi fu ucciso di 38 anni senza lasciare discendenti: il suo corpo fu portato nella fortezza di Carla. Ciò non tolse che l’infelice Roma fosse presa, sottentrando al comando l’eretico luterano Filiberto principe d’O-range, anch’esso poi punito da Dio come altri capitani, restando commissario generale dell’esercito il Moroni, che poi favori la liberazione del Papa dal Castel s. Angelo, il quale per gratitudine fece vescovo il figlio Giovanni in seguito celeberrimo cardinale , morto decano del sagro collegio e vescovo d’Ostia e Velie-tri. I barbari nemici, padroni di Roma, cominciarono un orribile sacco, protratto oltre 2 mesi,«quella serie di sacrileghe nefandezze,di massacri e di orrori,che resero per sempre deplorabilmente memorabile quella terribile catastrofe, che inorridì lutto quanto il mondo civile. Troppe volte e con nuovi tragici e commoventi episodii la descrissi, per ritornare a dipingere tante lugubri e desolanti scene commesse dalla più infume soldatesca, che buona parte punì la peste, da cui per colmo di sciagura fu afflitta Roma. Inorridì l’Europa e ne rimase sbalordita: Car- lo V lecnquelle ipocrite dimostrazioni che raccontai anche nel voi. LXVI1I, p. 121, senza però ordinare la liberazione di Cle-nifiule VII e de’cardiimli assediati rigo- rosamente in Castels. Angelo! Venezia alla 1 .,1 notizia rinnovògli ordini più pressanti a’suoi capitani, che non risparmiassero fatica nè sagrifìzio per liberare il Papa dalle mani di sì barbara ed efferrata gente; mandasse Francia 10,000 svizzeri, facesse Firenze la parte sua. I capitanisi perderonoin deliberazioni, e il duca ài Urbino (V.), che comandava anche le genti della lega, forse ignobilmente per biasimevole rancore de’torti ricevuti da’ Medici, restò impassibile coll’esercito I Nel citato articolo riprovale deplorai il barbaro contegno del duca, che avrebbe potuto meritarsi il vanto di salvatore della città del cattolicismo e delle arti, e insieme del Papa. Ma volle piuttosto vendicarsi di casa Medici, come ritengono non pochi scrittori. Sempre faceva difficoltà per agire, procedeva lentamente per pretesti ; in.breve nulla fece a soccorso di Roma, strappando così a Venezia una splendida e immortale gloria, con inoltre deluderne i proponimenti e rendendo inutili tanti dispendii e cure. Poscia sì giustificò colla repubblica, che per un tempo, per giuste apprensioni, guardò la moglie e il figlio quali ostaggi, pel suo contegno strano e del tutto inqualificabile. Rimasto il Papa privo d’o-gni speranza di soccorso, a qualunque costo, e dando per statichi ragguardevoli cardinali, si volle accomodare cogl’imperiali, di cui a’6 giugno erasi costituito prigione, e dovette acconsentire di pagare all’esercito, secondo il prof. Ro-manin,ma fu maggior somma, 4oo,ooo ducati, consegnare Castel s. Angelo, le rocche d’Ostia, Ci vita vecchia e Civita Castellana, le cittàdi Piacenza, Parma e Modena; restare prigione co’cardinali in detto Castello finché avesse pagato i primi i5o,ooo ducati, poi andare a Napoli o a Gaeta ad attendervi le disposizioni dell’imperatore, che in Ispagna faceva fare pubbliche orazioni per la sua liberazione, ed assolvere i ribelli Colonnesi. Ma Clemeute VII prometteva più che non