deboli (a per il governo delle femmine sotto Mecmet, e per ii presente d’ Acntet tenero e non armigero, si ritrovava in procinto di piegare con precipizio alla decadenza I ” E poiché all’anno 1607 il Sa-gredo dice soltanto,che negli « acerbi dispareri con la Corte Romana per la conservazione della giurisdizione, e della dignità del Principato, eh’è la più ricca gioia del Diadema; fu curioso l’osservare come stavano i turchi attenti alle conseguenze, che dal disconcio proveuir potessero. Volevano essere informati d’ogni più minuta particolarità”), e finalmente tutto ehbe termine con pieno decoro della repubblica, e con soddisfazione di Piotila. La seguita concordia fu pubblicata in tutti gli stati si della repubblica e sì del Papa con generale consolazione, ed anche venne festeggiata, succedendo quindi in ambedue il disarmo delle milizie. — Piagionato cogli storici italiani oche scrissero in Italia, ora convien dire come alcuni scrittori stranieri riferirono e giudicarono i narrali avvenimenti, e prima col francese Bercaslel. Dopoché il senato ebbe notizia del monitorio, protestò contro e proibì severamente di pubblicarlo. Il vicario generale di Padova, al quale il podestà intimava questa proibizione, a-vendo dello che sopra ciò farebbe quello che gli sarebbe inspirato dallo Spiri toSan-to, soggiunse il magistrato. » Ed io vi fo sapere, che lo Spirito Santo ha già inspirato al consiglio de’ Dieci, di far impiccare tutti quelli che non ubbidiranno”. Tutto il clero secolare e regolare osservò la proibizione del senato, fuorché ¡sunnominati religiosi; ma il risentimento del senato contro i gesuiti in particolare, fu proporzionato agli sforzi eh’ esso aveva fatto per guadagnarli, siccome quelli fra’ regolari, che avevano col loro esempio maggior influenza sulla condotta degli altri. Fu decretato contro di loro il bando perpetuo, e che non si potesse richiamar- li se la cosa non fosse proposta in pieno senato, e non avesse in loro favore le cin- que parti de’ voli (meglio è |CUJ , Henrion, il quinto de' suffragi - ]> religiosi si trovarono ben altrimenti gesuiti. Paolo Sarpi, quel sì famMo«’. vita conosciuto sotto il nome di Paolo, e fra Fulgenzio Manfredi |r, cescano degno suo seguace si segnalar, 110 in quest’ incontro colle loro invtt!, ve contro la corte pontifìcia. Sarpi fu &,| pilo coll’anatema, a cui egli »’era; disposto, anzi sembrava che a bello >iu dio se lo avesse procurato. Era egli |C logo del senato, serviva ad esso da con sigliere negli altari di religione, e si f< ceva un merito presso lo stesso de'c ,, che riceveva da Piotila nel vendicarlo, 0 piuttosto nell’animarlo alla veudelti, t perpetuare la discordia. Questo face)'/ bestemmiatore de’ divini oracoli di Trtr to, e fra Fulgenzio suo emulo avevano d’altronde de’ principi-! che lor face» poco temere i fulmini del Valicano, tu rico IV, che fu poscia mediatore fu Papa e ¡ veneziani, intercettò una Iti tera che un ministro di Ginevra scrive va ad un calvinista distinto di Parigi,e g\ annunziava che in pochi anni si raccoglierebbe il frutto de’travàgli ch’egli e fra Fulgenzio sostenevano per introdurre la riforma in Venezia, dove ¡1 doge e molli senatori avevano aperto ormai gli occhi alla verità; che non rimaneva se non se di pregare Dio che il Papa si 0-stinasse contro i veneziani, per intrudui re la riforma in tulle le terre della repubblica. Champigny ambasciatore ili Francia a Venezia, comunicò la eopi-i di questa lettera, da principio ad alcuni principali senatori, i quali conosceva «I-laccati alla religione de’ loro padri, e p scia in pieno senato, avendo tolto |kf riguardo il nome di quel doge, eli