i >4 ma di procedere agli atti dell’elezione, si recasse nella basilica di s. Marco, e dopo fatta fervorosa preghiera, preso il primo fanciullo in cui s’incontrasse, lo conducesse in palazzo, e deslinasselo ad e-strarre dall’urna le palle de’suffragi. Do-veasi intanto raccogliere il maggior consiglio, e allontanati tutti quelli che non avevano ancora 3o anni, numerati i restanti e verificali in essi le volute condizioni, aveansi a mettere in un cappello (quindi la frase andare a cappello, per esser messo a’voli), o bossolo tante ballotte quanti erano i consiglieri, e inchiudere in 3o di esse un polizzino colla parola eleclor (le palle furono prima d’argilla, poi di cera, di tela, infine 3o d’oro, le allre d’argento: quindi il proverbio toccar balla d’oro, per indicar favore di fortuna). Il fanciullo, detto ballottino, dovea quindi estrarre una ballotta per ciascuno de’ consiglieri, ed i 3o cui toccavano quelle contenenti il polizzino dovevano rimanere nelle stanze, gli altri liscile. Riposte poi le 3o ballotte nel cappello, g delle quali contenevano al Irò polizzino, facevasi nuova estrazione , per la quale i 3o si riducevano a 9. Questi si ritiravano quindi in ¡strettissimo conclave, da cui non potevano uscire se prima non avessero eletto 4o> ciascuno con 7 suffragi almeno. I quali 4o venivano per sorte ridotti ancora a 12, e i 12 dal canto loro eleggevano 25 con almeno g suffragi. Assoggettati poi anche i 25 alla solita riduzione , restavano nuovamente 9, da’quali erano poi eletti altri 45 con almeno 7 suffragi. Questi 45 ridotti ad 11, finalmente nominavano con almeno g suffragi i 4< ultimi e veri elettori del doge, i quali dovevano eleggerlo con 25 suffragi almeno. Per legge posteriore del i553, i 4i dovevano essere approvati ad uno ad uno dal maggior consiglio; tanta fu la cura che si ebbe per evitare l’ambito, e le tante e ripetute leggi tendenti ad impedirlo nella distribuzione de’vari uffizi, ben dimostrano, come questo fosse un male difficile a sradicarsi nella repubblica. I quurantuno elettol i, dopo ascoltata la messa dello Spirito Santo, si raccoglievano in apposita sala, e prestalo il giuramento di fare una buona elezione secondo la loro coscienza, eleggevano dapprima 3 presidenti e due segretari, poi ciascuno chiamato a nome andava a gettare nell’ urna la sua polizza col nome del proposto. I segretari , aperte le polizze, facevano lo spoglio de’uomi, poi li mettevano in altra urna ed uno erane estratto. Se l’individuo estratto si trovava nell’adunanza dovea tosto allontanarsi, ed ognuno degli elettori avea il diritto di levarsi ad espone le sue obbiezioni ed accuse contro il candidato , il quale era quindi chiamato a rispondere e giustificarsi. Procedevasi poi allo squillino, e noveiate le palle affermative e le negative, se il candidato ne avea ottenuto venticinque favorevoli era dichiarato Doge, altrimenti passavasi a nuova estrazione. Compito il ceremoniale dell’ elezione, il nuovo doge era pubblicato, e se trova-vasi in città, andava solenne comitiva a levarlo alla sua casa , per condurlo al palazzo ducale. Entrava con numeroso corteggio nella basilica di s. Marco, ove salito sulla tribuna di marmo a sinistra del coro, inoslravasi al popolo, e dopo a-vere assistito alla messa solenne, e giuralo fedeltà allo stato e alle sue leggi, riceveva dalle mani del primicerio della basilica lo stendardo della repubblica e il manto ducale. Faceva poi il solilo giro della piazza di s. Marco nel pozzetto, saliva la scala del palazzo, ed incapo alla medesima il consigliere più vecchio im-ponevagli la ducale corona. Passava quindi nella sala detta del Piovego, poi in quella del maggior consiglio, riducendosi alfine al suo appartamento, ove dava solenne banchetto agli elettori. Queste ceremonie introdotte a poco a poco andarono soggette a parecchie mutazioni, ma nella loro essenza tali rimasero per tutto il tempo della repubblica. Quanto