zione della chiesa di s. Teodoro, anche in essa il vescovo d’Olivolo vi aveva la cattedra pastorale. E acconcio che io riproduca il riferito dalla Gazzetta di Venezia de’i5 febbraio i855, che leggo nel n.42 del Giornale di Rom 12.« O vogliono i moderni storici dare incominciamento a’fa-sti di Venezia dall’anno 42I> 'n cu* se" guì la fondazione della prima chiesa di s. Jacopo di Rivoallo; o vogliono prender le mosse dal 466, epoca dell’elezione del primo de’suoi tribuni; o vogliono riportarsi al 6g7, in cui, di consenso col patriarca e co’vescovi.deliberavasi la creazione d’ un doge in Paolo Lucio Anafe-sto, che nel 1 797 doveva aver 1’ ultimo de’successori (cioè ebbe termine, perchè Manin era stato eletto nel 1789); certa cosa è che per i veneziani la stella del inare, in seno di cui andarono a cercare sicurezza e pace, e raggiunsero grandezza e gloria immortale, è stata sempre Maria, tanto che dal mese e dal giorno della sua Annunziaziorie (nel quale posero la impietra alla chiesa di s. Jacopo di Rialto, secondo alcuni, poiché i più asseriscono in vece che in detto giorno si fece la dedicazione) presero a datar l’anno del governo loro (poi, come dirò, trasportato al l.° di tal mese, dal qual giorno avea principio 1’ epoca del More Venetum), nè più calda cura si presero, nel conquisto dell’ altera Bisanzio, di recar a Venezia la preziosissima di quelle trionfali spoglie, la B. Vergine delle Vittorie, quella a cui si aggirano da tanti secoli i voti e le giornaliere speranze d’una popolazione, che nel vanto di possederla e nel desiderio d’in-cessantementeonorarla, non ha giammai posto, ne porrà limite A Rialto dunque, solito loro asilo, si ritirarono, ed e-ziandio nell’isole d’Albiola, di Malamoc-co, di Pelestrina e di Chioggia. Egualmente in altre si rifugiarono altri veneti: que’d’Altino, dopo valorose difese degli abitanti, in Torcello e nelle piccole isole che la circondavano; que’di Concor- i5 dio nel vicino Estuario di Capride o Caorle , con altri abitanti di altre città e luoghi del Trevigiano; quelli d’ Aqui-leia a Grado. A misura che le sterminatrici armi d’Attila avanzavano, la diserzione facevasi maggiore. Senza distinzione d’ età o di sesso tutti fuggivano, e portavano con loro suppellettili, denari, effetti, quanto mai permettevano il disordine e la fretta. Finalmente da quel barbaro quasi distrutta Aquileia, prese e saccheggiate Concordia, Oderzo, Aitino, Padova, ed altre città moltissime, viem-maggiore fu il concorso a’ veneti rifugi, anche co’popoli di Verona, Vicenza,Mon-selice, Este, Asolo, Ceneda, Belluno e di altri luoghi delle venete provincie, donde si coprirono di nuove genti, oltre quelle prime anche le isole di Bibione, Eraclea, Equilio, Mazorbo, Ammiano, Bu-rano, Costanziaco. Murano, Olivolo, Po-veglia ed altre minori fino a Capo d’Ar-gine, ora Cavarzere, castellosiluatoin riva all’ Adige. Tanto e meglio riferiscono il Dandolo, in Chronicon, nel 1.11 di Muratori, Rerurn Italie. Script., ed il Salicilico, Ilisloria Veneta, decade 1 .a Co’ fuggitivi cittadini vi vennero i loro vesco- vi, e ciascuno piantò in una o in un’ altra isola la propria sede episcopale, laonde ne derivarono le chiese vescovili di G rado, ù\Caorle, à'ìEraclea, di Equilio, di Malamocco, di Torcelloj divenendo poi Grado metropoli ecclesiastica della nuova Venezia, con molti privilegi ed o-nori, e formatasi la veneziana repubblica, assistè a’placiti o assemblee del doge, con proprio palazzo in Venezia presso s. Silvestro, come narrai nel § Vili, n. 56. La più copiosa emigrazione de’veneti abitatori della terraferma, fu dunque quella perla venuta di Attila, per lo spavento da lui sparso da per lutto. Cessata anche questa disastrosa irruzione , i rifuggiti per soprappiù pressali da una gran carestia, uscirono dal seno dell’ acque come per cercar l’abbondanza delle prime loro abitazioni di lerrafertna. Il ri-