6g4 o le informazioni venivano dettate ilagli impiegati terminanti l’ufficio pe’loro successori. I documenti di questa specie intorno a’possedimenti di Venezia in Levante, a Cipro, a Candia, alla Morea,alle 7 isole Jouie, spargono gran lucesulle loro vicende civili e politiche sotto il governo veneto,giudicato per lopiùfalsamente, dichiara e rimarca il ileumont. Col corredo di tali documenti scrisse il dotto Leopoldo Ranke, autore d’ altre pregiatissime opere, la sua bella monografia : Die Fe-nezianer in iliorea, 1685 - 1715, che descrive lo stato della penisola dopo la riconquista fattane dal Morosini, l’ultimo sfavillardeU’aalico valore veneziano, fino alla pace di Passarowilz.Una relazione copiosa ed accurata dell’isola di Candia, nel 1589 presentata al doge Pasquale Cicogna da Giambattista Del Monte generale di fanteria, mandato ad esaminarle condizioni de’possedimenti di Levante, mentre si dubitava di qualche spedizione di Amnrat III, venne stampata in Roma dal prof. Paolo Mazio nel t. 4 del Saggiatore Romano. Quali fossero le condizioni dell’isole Ionie nell’ultimo periodo del veneto governo, si rileva dalle Relazioni storico-politiche delle isole del mar Jonio suddite della serenissima repubblica di Venezia, ivi 1856, di Francesco Grimani provveditore generale da mare l’unno 1759, stampate dal cav. Cicogna. Risalendo alla storia delle relazioni più antiche di Venezia col Levante, si trovano gran copia di carte nelle già ricordale Fontes rerurn Venelarum pubblicale in Vienna dal i856 in poi dal Tafel e dalThomas.Nell’Inscrizioni Veneziane del più volte encomiato cav. Cicogna si trovano importanti nozioni storiche e bibliografiche de’ discorsi argomenti^ si andrebbe per le lunghe col solo accennarle, altra prova che quell’ insigne opera è un tesoro enciclopedico delle cose venete. Dopo la riunione di queste importantissime notizie che raccolsi nell’ e-ruditissimo libro del barone Reumont, e tentai ordinarle,ri ma crebbe a parlare del- lo speciale argomento della diplomazia de’veneziani del medesimo, del cui principio già mi giovai, ma pel mio scopo è lungo, onde del rimanente mi limiterò ad un cenno. La durata delle missioni diplomatiche veneziane ristretta a soli 3 anni, ed a 4 pel bailo di Costantinopoli, fondavasi e sulla poca voglia de’nobili di stare troppo lungamente fuori dell’amata patria in impieghi per lo più dispendiosi, e uon meno forse sopra la caula diffidenza dell’oculatissimo governo eretta in sistema. Potevasi ragionevolmente temere che la prolungata assenza , e la durevole dimora degli ambasciatori in paese straniero, li sottraesse, per cosi dire, all’opportuna sorveglianza, e intiepidisse il loro afletto patrio per nuove relazioni e simpatie,che avrebbero potuto tornare pregiudizievoli all’intera abnegazione che da loro pretendeva Io stato. Ora un soggiorno di 3 anni a uomini per lo più esercitati negli affari politici, quali erano i nobili veneziani, era bastevole a renderli esperti delle persone e delle cose, ed atti al disimpegno delle commissioni loro affidate; mentre dall’altra parte, la certezza di essere richiamati, spirato quel tempo, doveva valere a ritenerli dal vagheggiar più vasti disegni, o dallo stringer certe relazioni che avrebbero potuto esser loro gradevoli od utili solamente nel caso di più lunga dimora. Il pregiudizio di tali mutamenti era compensato dall’utilità del trovarsi continuamente raccolti iu Venezia non pochi uomini pratici delle condizioni distati esteri,e venivano a-doperati a consigliare la politica esterna della repubblica,oltreché «’maggiori impieghi e alle dignità. Laonde la politica della repubblica all’estero, era sempre sagacemente affidata al giudizio e alla decisione di que’ che l’avevano praticata , prezioso vantaggio nella direzione degli aiiari. Talvolta l’ ambasciatore tornava nella stessa corte a funger l’ uffizio per altro trieuuio , ne’ casi onde terminare