116 Cristo regna, Cristo impera. Al nostro signor Lorenzo Tiepolo la Dio grazia inclito doge di Venezia,Dalmazia e Croazia, salvezza, onore, vita e vittoria : s. Marco, tu lo aiuta. Poi giurò nuovamente dal palazzo, e parlò al popolo. In-tanto i cappellani recaronsi alla sua casa a s. Agostino, a levare la dogaressa moglie, Marcliesina figlia di Boetnondo di Brienne re di Servia o Rascia, e la condussero pomposamente al palazzo accompagnata da’medesimi augurii. Allora i marinari diedero al doge onorevole banchetto. Nel dì seguente, per interposizione di molti nobili , si rappacificò con Leonardo e Giovanni Dandolo, co’ quali era in antica uimicizia; quindi cominciarono le feste della bella mostra delle galee; la processione ricchissima delle corporazioni o università artistiche, anco con rappresentazioni gioviali e buffonesche; le quali complimentando pure la dogaressa, i maestri delle arti la presentavano d’ogni sorta di confetture. Per tal ruodo i veneziani fino dal secolo XIII,dice il Romanin, all’operosità commerciale e industriale, alle gesta militari, e al-l’iroprese di lunghe e pericolose navigazioni, congiungevano uno squisito senso del bello e rara gentilezza; sapevano i veneziani allora qual patria grande avessero e come dovessero onorarla. Grandissima carestia insorse nel 1269 in Venezia ; indarno si cercarono soccorsi di granaglie alle vicine città Padova, Treviso e Ferrara; esse rifiutarono di somministrarle, sebbene di molti benefizi da’ veneziani avessero ricevuto. Onde i veneziani sdegnati ordinarono che tutti quelli che volessero navigare pel Quar-nero, e nelle bocche del Po, dovessero pagar dazio delle cose che portavano a Venezia. Ma i bolognesi che dominavano gran parte della Romagna, non polendo soffrire tal legge, mandarono ambasciato! i al doge, acciocché a’ mercanti loro sudditi fosse conceduto il hbero navigare; ma nulla ottennero. I bologne- si quindi fecero fare un castello alla bocca del Po per danneggiare i veneziani. Allora si allestì uu’ armata di 9 galee, capitanata da Marco Badoaro, ed alcune barche, e sebbene vi andasse anche il doge in persona , pure nulla si fece, perchè i bolognesi difendevano il castel- lo con più di 4ooo uomini. Ma neh 272 circa fatta un’armata più poderosa, con alla testa Marco Gradenigo, furono rotti i bolognesi e rovinato il castello. Anche gli anconitani si dolsero con Papa Gregorio X, che i veneziani non permettevano che fossero portate vettovaglie in Ancona per mare: il Papa scrisse a’venezia-ni, ma nulla ottenne. Non rimasero però tranquilligli anconitani,e mandarono o-ratori al concilio generale di Lione II, presieduto dallo stesso Gregorio X, ed a cui intervennero gli ambasciatori veneti, facendo lagni contro i veneziani, i quali S*arrogavano cotanto diritto sul mare. Il Papa rimise la questione all’abbate di Narvesa, il quale udite le ragioni d’ ambe le parti, decise a favore de’veneziani. La repubblica conclusi diversi trattati commerciali con diverse città, fatta tregua di 5 anni con Genova, tanta potenza eccitava le vicine città dell’ Istria e della Dalmazia a sottomettersi sotto la sua protezione, ed essa ne accettava anche il dominio; le anteriori relazioni sembrando essere state piuttosto d’alleanza tributaria , accettando anche spesso un magistrato veneziano , ma non intera sommissione. L’esempio di Parenzo venne seguito da Umago, da Città Nova o Emonia, da’castelli di Montona e s. Lorenzo neH’Istria, ond’esser difesi da’pira-ti che gl’infestavano. Cervia, città di Romagna, si diè parimenti alla signoria di Venezia, e per i.° rettore vi fu mandato Giovanni Moro. Alcuni veneziani avendo fatto setta contro la repubblica, vennero banditi. Altri veneziani che avevano dominio della 3." parte di Negroponte, unitisi con alcuni regoli di colà andarono con 16 navi nell’Asia minore, contro