lo, obbligarono Caterina a ritirarsi nel i5oga Venezia, do ve poco dopo infermò e morì la notte del 9 ai 10 luglioi5io iu età di 54 o 56 anni, nel suo palazzo a s. Cassiano, laonde una delle vie della contrada chiamasi ancora Calle della Regina, come già notai a suo luogo. Magnifici e quali il grado suo e la riconoscenza della repubblica richiedevano, furono i suoi funerali. Il corpo colla maggior pompa fu accompagnalo alla chiesa de’ss. Apostoli, ov’è la tomba de’suoi maggiori,dal patriarca,dalla signoria, dal ■vice-doge, dall’arcivescovo di Spalatro, dal vescovo di Fellre, dal fratello Giorgio co’figli e parenti,oltre numero grande di preti e di popolo. Il feretro era coperto di restaguo d’oro con una corona di gioie sopra. Andrea Navagero pronunziò l’orazione funebre. Deposto nell’arca destinatale, nel 1660 venne trasferito nella chiesa di s. Salvatore in apposito monumento grandioso sovrastante la porta che mette nella sagrestia, secondo il prof. Romanin da cui ricavai la maggior parie delle riferite notizie. Altre più copiose si potino leggere nel cav. Mulinelli, Annali Urbani di Venezia, come del suo ritorno da Cipro a Venezia, di sua vita domestica, delle lodi tributatele, delle delizie che godeva nel suo castello d’Asolo, feste e spettacoli ivi dati da lei ad ospiti illustri, ec. Nel 1489 dopo l’elevazione del vessillo di s. Marco in Cipro, l’ultimo di febbraio la repubblica ottenne per l’oratore Marco Mali-piero la conferma del possesso dell’ isola da parte del soldano mediante 10,000 ducati, e mandò a reggerla un luogotenente, con due consiglieri, che dovea risiedere a Nicosia, ed un capitano a Fa-magosta. Le domande de’cipriotti alcune furono concesse, altre modificate, migliorandone la condizione con diversi provvedimenti; e perchè i rettori procedessero regolarmente, di tratto in tratto s’inviavano sindaci ad ascoltar le querele de’popoli.— Come Cipro nel Mediterra - 25l neo, così acquistarono a questi tempi i veneziani Veglia nel golfo del Quarnero. Sebbene nella guerra fatta dal doge Pietro Orseolo II iu Dalmazia, il suo vescovo erasegli fatto incontro a giurargli ubbidienza, pure continuò Veglia ad avere i propri conti, uno de’quali, Doiino, nel i 1 33 s' impegnò a mandare a Venezia un dono per la protezione che gli concedeva la repubblica; nel 1 260 questa conferì l’isola in feudo a’fratelli Schinella o Frangipani,poi li dichiaròdecaduti quando aderirono al re d’ Ungheria. Dopo qualche tempo un Giovanni in lotta 00’ fratelli cercò di nuovo l’appoggio de’veneziani, a’quali nel suo testamento la* sciava l’isola; indi ambizioso, sperando miglior fortuna, si volse ancora a Mattia I re d’ Ungheria. Scoperte le sue pratiche, egli si trovò a mal partito , tornò a mostrarsi avverso al re, e così divenuto odioso alle due parti, fu preso e mandato a Venezia. Questa, ascoltando anche le suppliche de’di lui sudditi malcontenti, assunse l’amministrazione dell’isola, confermando però, almeno di nome, il ffudo nella famiglia del conte, al quale fece precetto di non allontanarsi da Venezia, e di maritare la sua figlia Caterina a Francesco Dandolo nipote del doge, morto il quale si rimaritò ad Andrea Foscolo. La repubblica difese il nuovo possedimento contro gli assalti del re d'Ungheria ne li 483, e vi mandò al governo Antonio Vinciguerra; il conte Giovanni fuggì in Germania, e Veglia restò a’veneziani. Ma mentre essi attendevano a questi ampliamenti di territorio dalla parte del mare, importanti avvenimenti succedevano progressivamente in Occidente, le cui conseguenze non tardarono molto a farsi sentire su di loro e con grave danno. E prima nella Spagna, pel matrimonio di Ferdinando V re d’Ara-gona, con Isabella I regina di Castiglia e di Leon, uniti que’potenti regni in una monarchia, prepararono la futura grandezza del loro nipote Curio V d’Austria.