«liliali. Stefano Bonsignore di Busto Ar-vizio arcidiocesi di ¡Milano, vescovo di Faenza (P.), era stato nominato al patriarcato di Venezia a’g febbraio 1811 (e amministratore del la diocesi di Torcello), ed ivi giunse a’4 del susseguente aprile, col carattere d’amministratore capitolare della diocesi. Cercò di difendere o almeno di mitigare la sconsigliata accettazione di questa dignità il dotto can. An-di eaStrocchi,illustre patrio scrittore faentino nella sua Serie cronologica storico-critica de’vescoviFaentini compilata ec., a p. 249 e seg'> ch’era allora suo vicario generale; e disse che il Bonsignore non fece mai uso del trono patriarcale. In-veceaflerma l’ab. Cappelletti,clic tale notizia si smentisce da chi ne fu testimonio più volte. L’arcidiacono vicario capitolare Nicolò Bortolalti, che nella vacanza della sede ne reggeva la diocesi, fu costretto a cedere il titolo al patriarca eletto , ed assumere il carattere di speciale deputato all’interna direzione della diocesi, finché, venuto egli stesso, disimpegno tutte le funzioni di ordinario diocesano, per un triennio e più. Intanto morì il vicario capitolate Bortolalti, ed i canonici elessero il collega Lucinuo Luciani, eh’ era canonico teologo. A mitigare però la reità del patriarca eletto, iu tutte le finizioni episcopali esercitate da lui, u’ era autorizzato dal vicario capitolare, per cui sebbene apparisse ch’egli se ne ingerisse di propria autorità, segretamente agiva per delegazione del vero e legittimo amministratore della diocesi. Colmato di onori da Napoleone I, fu suo ambasciatore a Pio VII, che l’imperatore a-vea rilegato a Savona, e nuovamente pel famoso concilio di Parigi, ed a Fontaine-bleau per l’imperatore. Finalmente a’g maggio 18 14> già cessato il regno d’Italia e l'impero di Napoleone, partì da Venezia.Furono assoggettati a penitenza quanti da lui erano stati ordinati , i chierici promossi agli ordini minori a 3 giorni d’esercizi spirituali, ed 8 gli ordinati a’uiag- 853 gioii. Tornalo il prelato in Faenza, si condusse a’piedi di Pio VII onde purgarsi di ogni malcauta sua asserzione iu una circolare relativa al contratto civile del matrimonio, e massimamente di aver accettato l’amministrazione del patriarcato di Venezia prima d’ottenerne la canonica istituzione, e dell’essersi ingerito negli affari della diocesi, come vicario del capitolo del patriarcato; di tutto fu benignamente assolto dall’indulgenza pontificia. Non però cessò allora la vedovanza della veneta sede. Si legge nel t. 2, p. 118 delle Dichiarazioni e Ritrattazioni degl’Indirizzi stampati in Milano nel 1811, umiliate a Papa Pio VII, dagli arcivescovi e vescovi, e da’ capitoli d'Italia, del capitolo metropolitano di Venezia. » Beatissimo Padre. Se ne’passati turbolenti tempi di violenza e di costernazione,il capitolo della metropolitana di Venezia, e col suo così dello Indirizzo, e colla successiva accettazioue di' mg.r 4 O vescovo di Faenza in vicario capitolare, mostrò di troppo sentit ela forza della tentazione violenta, protesta però altamente, che questo momentaneo effetto di trasfuso timore,coll’oggetto forse di schivare una più grave procella, non alterò punto la costanza de’suoi cattolici sentimenti, e del suo rispettoso figliale attaccamento alla Sede Apostolica, edal Capo supremo della Chiesa, Maestro e Pastore universale di tutta la greggia di Cristo, e de’mede-simi Pastori con divina indeficiente autorità. E ne diede una prova evidente, allorché, cessata appena la violenza, con atto capitolare del giorno 4 maggio spentamente intimò al vescovo di Faenza di deporre il carattere sino allora sostenuto; ed ora pervenutagli la cognizione, che i vescovi e i capitoli del già Italico regno si affrettano ad umiliare a’piedi del Vicario di Cristo le loro Ritrattazioni, si fa uu dovere di seguirne l’esempio, confessando primieramente l’incompetenza dell’alto emesso da lui con tale Indirizzo, poiché non poteva egli interloquire, spe-