692 uua cattiva femmina, gli fu sostituito Pietro Perazzo cambiata la zifra. Nei 1704 al segretario Bernardo Gislanzoni, ch’era coll’ambasciatore Francesco Corner in Inghilterra,fu levala la zifra, e data a Francesco Dies. Indi il cav. Cicogna ricorda il conte Morosini, che a suo mezzo die’alle stampe le Lettere discorse di sopra nella mia digressione sul Galileo, cioè dopo il dogado 88.°, intorno alle cifre de’ Lincei, colle quali mercè la prontezza dell’ingegno e la pratica nell’arte di leggere le cifre, giunse a rilevare il senso loro e ne mandò la spiegazione al Cancellieri. Ma, cosa sorprendente, il Morosini non giunse mai a saper interpretare i Dispacci de" Veneti Ambasciatori scritti nella cifra, ri-tenendoliinesplicabili.Però vi riuscì l’altro cultissimo Domenico Tessati già segretario della Delegazione provinciale di Belluno. Avendogli fino dal 1835-36 Giacomo Capitauio già vice-delegato, spediti vari Dispacci originali Venezianì scritti in Cifra del i63o diretti agli ambasciatori in Francia Alvise Contarmi,Girolamo Soranzo,Giorgio Giorgi,pregando il Tessati di dicifrarli, questi studiò in modo la cifra, che giunse a tradurla, come si ha dalle lettere di esso al Capitanio 1835, i836,1837, esistenti nella Raccolta mss. di quest’ultimo passata poi alla biblioteca di Treviso. Anzi in una lettera il Tessati scrisse al Capitanio.« Ella vedrebbe allora una curiosa invenzione degli antichi veneti, una cifra diplomatica ben piùingegnosa di quella de’Lincei tradotta dal conte Morosini, una chiave nuova e sorprendente a dir vero, e ch’io mi chiamo assai contento di avere scoperta. Aggiungerò la chiave perfetta e la traduzione ”. Già della valentia del Tessati nell’ interpretatele cifre, parlò a lungo il conteGio. Francesco Ferrari Moreni nella Lettera al conte Mario d.' Valdri-ghi intorno all’ arte cfinterpretare le Cifre, Modena i832.Ma in quel libretto uulla della cifra diplomatico-veneta, la quale, come vedesi dalle date, fu dal Tes- sari posteriormente studiala e scopeita Osserva il barone Reumont, che intorno a’segretari d’ambasciata trovò poche cose prima del secolo XVI, nel quale rappresentano talora una parte rilevante presso le missioni straniere in Italia e principalmente in Roma. Ne’primi tempi, quando gli affari si trattavano ordinariamente a voce, e il corso n’era semplicissimo, e venivano per lo piò inviate molte persone alla volta, c’era meno bisogno di segretari. I veneziani sono quel li che più di tutti gli altri governi coltivarono anche quest’istituto. Essi assegnavano ad ogni ambasciatore uno o più segretari, di famiglie nobili di 2.0 grado, i quali o restavano presso di lui per tutto il tempo della missione, o venivano scambiati. Gli slipendii de’segretari paiono essere stati molto meschini. Nel 1546 lino di 38 anni ch’era stato segretario ili ambasceria in Roma e alla cotte imperiale, dal suo superiore qualificato letterato diligente e bellissimo scrittore, e per altre sue qualità singolarmente encomiato, nondimeno era soprannumerario con 16 ducati al mese. Non potevano inai divenire ambasciatoti. Invece, dal 6ecolo XVI in poi, si affidavano loro i posti di residenti presso le corti, alle quali non si mandavano ambasciatori.Così Vincenzo Fedeli segretariodelCappello durante la costui missione in Firenze nel i52g-3o, fu poscia il i.° residente che larepubblica mandò al duca Cosimo I. Ovvero essi ottenevano incarichi particolari, o nell’ interna amministrazione dello stato. L’autore riferisce le notizie di diversi egregi segretari,che gli ambascia-tori non intralasciavano mai nelle relazioni loro di esaltare con distinti elogi l’eccellenti qualità, i servigi e lo zelo,e di raccomandarli al senato perchè venissero promossi. Tali furono Daniele Ludovici del i523, Giampiero Stella del i5oo, Antonio Mazza del i557, Luigi Laudi del 1572,NicolòSagundinodel i5iC).Que-sii segretari fungevano talvolta 1’ uffizio