44 e spedirono a Costantinopoli per soccorsi. In pari tempo con palafitte, con enormi pietre e macigni, con a (Fondati vascelli adoprarono ogni ingegno a chiudere il passo decanati; levarono a questi le guide, fortificarono e abballarono (’entrate principali e le terre vicine al continente. Tutto era movimento: si costruivano barche, si piantavano pali , si addestravano i cittadini aK’arini e al remo. 1 veneziani valorosi, incoraggiati dalle autorevoli esortazioni de’vescovi e de’capi-tani, attendevano animosamente il nemico. Il re Pipino dal cauto suo, preparata coll’aiuto de’ravennati.riminesi, co-macchiesi e ferraresi una flotta, s’avanzò arditamente nelleLagune. In pari tempo le sue genti dell’ Istria e del Friuli, impadronitesi delle due regioni, quasi disi rutta Eraclea, invasi alcuni paesi della parte meridionale del veneto dominio, assalirono Grado, isola resa illustre dalla residenza del proprio patriarca dopo la rovina della famosa Aquileia; e dopo vigorosissima difesa fattavi da un maestro de’ militi della veneta famiglia de’ Vanii, se ne impadronirono. Forse fu presa anche Caorle, e l’armata regia con impeto piombata su Jesolo o Equilio ed i luoghi circostanti, li ridusse egualmente n soggezione, dopo averli messi a ferro e fuoco. La poderosa flotta de’ franchi inoltratasi pe’lidi del Pinelo, di Lio maggiore, di Saccagnana, li bruciò tutti. Gli abitanti fuggirono a Durano, Tor-cello, Mazorbo, contro le quali isole nulla poterono intraprendere gli aggressori, per la difficoltà naturale de’passaggi; come nulla poterono tentare dal margine di Campalto, Tessera, Mestre, Bo-tinico, essendo i canali artificiosamente ben muniti e tolte da per tutto le guide. Diresse quindi Pipino gli assalti da’ lidi meridionali ; e invaso l'acquoso paese vicino alle foci del Poe dell’Adige, bruciando Fossone, Capo d’ Argine, Laureto, Brondolo e le due Chioggie; superati poi cou gravi difficoltà i porli di Brou- dolo, Chioggia e Pelestrina , tentò varcare ancoquellod’Albiola o Pastelle, ora Portosecco e dove si prolunga il lido di Pelestrina, allora diviso in due parti e lidi. Nel porto d’Albiola l’acqua era profonda e opportuna a reggere le navi con cui Pipino s’avauzava a combattere i veneziani, onde sperava poter colà opportunamente manovrare, e già credeva sicura la vittoria e di potersi inoltrare verso Rialto onde esterminare anche quel-l’isola, per cui i suoi boriosamente ne scrivevano nel resto d’Italia e in Francia, e la voce del trionfo e della conquista era pur giunta a Costantinopoli. Stavano sul lido verso Maiamocco disposte le truppe franche a piedi e a cavallo, per dare appoggio alla flotta: di ricontro sul-l’opposto lido stavano i veneziani e li presso le loro barche che impedivano il passo a quelle di Pipino. Colle sarte, co’ cordaggi , colle antenne avevano fatto altrettanti ripari , dietro a’quali stavano arcieri e frombolieri, i cui pro-ietti davano non poca molestia a’franchi. Tornarono quindi vani tutti gli sforzi di questi a superare quel passo, e ben sei mesi durarono l’una parte e l’altra, questa nel tentare animosa lo sbarco, quella vigorosa nel respingerlo. Ebbero luogo più fatti d’anni tra le due flotte; e tra’ tentativi di Pipino, quello pure può forse annoverarsi di passare al lido di Maiamocco sopra zatte e pontoni, non però di costruire un ponte da Maiamocco a Rialto, come pretendono alcuni cronisti. Pipino minacciava i veneziani, dicendo loro con alterezza : Siul-dì Li miei siete, poiché dalle mie terre veniste. Ed i veneziani rispondevano con fermezza : All'imperatore de’romani (così anch’essi chiamavanoquello de’greci,uon curando il titolo dato dal Papa a Carlo Ma gno) vogliamo essere soggetti, non a le, cioè nel senso spiegato di sopra. Continuando i veneti nella resistenza, artificiosamente indietreggiarono nella Laguna, onde nel riflusso i molti grossi uavi-