6o rittinie della Dalmazia erano disposte a donarsi a’ veneziani , i quali non possedevano su queste coste che Zara, capitale della medesima, equipaggiò una flotta e poi-tossi sul luogo. Pota, Spalatro, Ragusi ed altre città e isole , volontarie si sottomiseso al veneziano reggimento; ma Curzola e Lesina rifiuta vansi: il doge le assalì e prese d’assalto, e le costrinse a subire la legge. Entrò poi nel paese di Narenta, i cui abitanti esercitavano impunemente la pirateria nell’Adriatico, e forzate le piazze meglio importanti, mise il paese a ferro ed a fuoco. Dipoi i valorosi dalmati, per tanti secoli divisero negli eserciti veneziani le vittorie e le sconfitte; e nell’estremo caso di Venezia, a’dalmati la repubblica consegnò il ves-sillodis.Marco,che prorompendoin pianto lo baciarono e abbracciarono. Perciò a sì generosa nazione, d’inconcussa fede, il veneto cav. Fabio Mulinelli dedicò gli Annali Urbani eli Fcnezia nel 1841 • Dice l’ab. Cappelletti, l’acquisto della Dalmazia e della Croazia fatto da Pietro .w o rseolo, procacciò a’dogi di Venezia l’onorevole titolo di Dogi eli Fenezia, della Dalmazia e della Croazia. Si ponno vedere Lucio, Istoria di Dalma-zia, Venezia 1674. Farlato, Illyrici sacri, Venetiis 17.51. Non debbo tacere, e per quanto alla sua volta dovrò narrare della Dalmazia, che per allora non fu propriamente assoluto il dominio della repubblica di Venezia sulle discorse regioni, istruendomi pure il eh. Ro-manin, che il doge visitò tutti i luoghi acceltati sotto la veneta protezione e che il riconobbero duca o governatore, com’erano i duchi nominali da Costantinopoli, non già come signore; differenza uon notata dagli storici, ma importantissima. Furono rispettate le leggi, i costumi e gli usi della nuova provincia, solo lieve tributo fu imposto alle città, ma regolato a norma della natura c prodotti di ciascuna. Così Arbe avea a somministrare 10 libbre di seta, Ossaro 4o pelli di martore, Veglia 15 di martore e 3o di volpe; Spalatro ebbe l’obbligo d’armare due galere ed una barca , quando i veneti ponevano in mare una squadra; Pola contribuiva 2000 libbre d’olio alla chiesa di s. Marco e qualche barca. Simili censi di certa quantità di vino o d'o- lio, o di barche paritnenli aveano promesso le altre città dell’Istria, come Muggia, Uinago, Cittanova e Trieste. Così divennero le città della Dalmazia tributarie della repubblica di Venezia, la quale vi mandò tosto suoi rappresentanti a tutela de’propri interessi e de’propri sudditi. Certamente che poi a poco a poco il potere veneziano si accrebbe e la Dalmazia divenne interamente suddita. Pietro U Orseolo gloriosissimo rivide le patrie Lagune, ove per unanime acclamazione gli fu approvato il titolo di Duca di Dalmazia, e nelle quali circa il 1001 (nel 998 dice Corner) essendo incognito venuto l’imperatore Ottone III (e non suo padre Ottone II e in anteriore epoca che fa anacronismo, come scrissero altri), e-gli il condusse a visitare il corpo di s. Marco, indi il ducale palazzo, nella cui torre occidentale avea per lui preparato magnifico appartamento (ricevuto occultamente non potè aver luogo la sontuosa accoglienza riferita anche da altri , ma semplice e comodo ospizio per conformarsi all’imperiale desiderio; anzi il Corner dice che Ottone III si fermò ad alloggiare nel monastero di s. Servolo, ed altrettanto confermò da ultimo il Zannini descrivendo l’isola, il che io feci pure nel § XVIlI,n.io). Il doge profittò di sì felice occasione per ottenere da Ottone III la confermazione de’beni veneti posseduti nel regno Italico, e ricchi doni si fecero a vicenda. L' imperatore fu padrino ad una figlia del doge eh’ era ancor catecumena. Dopo la partenza del-1’ imperatore, il doge comunicò nell’ assemblea nazionale la sua venuta segreta, ed ognuno ne ammirò la prudenza singolare, e la confidenza sua con sì poten-