396 {¡miliario, tulle le città gli mandarono ambasciatori, offrendogli ubbidienza e chiedendogli perdono. Quindi le cose veneziane anch’esse andarono a precipizio, perdute di nuovo le terre riacquistale, e il Papa slava per dichiararsi nemico, tacciandoli d’aver chiamati i francesi in Italia. La repubblica pel suo ambasciatore in Roma Pietro Landosi giustificò, avvertendo il Papa ondeggiante fra le parti contendenti, del bisogno di pace cheavea la cristianità pel pericolo sempre più minacciante de’turchi. Gl’imperiali di più imbaldanziti persisterono nella guerra, e costrinsero i veneziani a richiamare ina-iutoi francesi » sciagurata politica a cui vedevasi ridotta, dice il prof. Romanin, per conservare la propria esistenza: cruda alternativa di dominazioni e devastazioni straniere, di pratiche sleali ed ambigue. Venezia avea ormai perduta l’indipendenza dell’azione: sbalestrata da Francia a Germania e da questa a quella, vedevasi costretta quasi a mendicare la possessione di quelle terre, che perduta la preminenza marittima, sole potevano ancor darle possanza. Ma per questo ella intanto si esauriva: i prestiti,le tasse, gli argenti in zecca, le ritenute agl’impiegati, la vendita degli uflki, a mala pena bastavano”. 1 concorrenti però agli uffizi doveano esser approvali nel consiglio per iscrutinio e per 4 mani d’elezione. Ecco un altro stato vendere gli uffizi; solo si mosse tanto scalpore pe’ Vacabili (V.) di Roma, sebbeue nella più parte venduti per aiutare la cristianità! L’AIvianosentendo che gli spaglinoli s’avviavano a Padova, si recò a difenderla in uno a Treviso, e ributtò il Cardona dall’assalto che diè aliai.'; magli spaglinoli si vendicarono devastando le campagne, bruciando Lizzafusina, Mestre e Marghera; e il burbanzoso viceré spintosi fino sull’orlo delle Lagune, volle a soddisfazione di sua vanità, che da Marghera si facessero alcuni tiri di cannonecoutro Venezia. Il doge per la vicinauza del pericolo, salito in bigoncia pronunziò un discorso, per eccitare a soccorrere con offerte la repubblica , ed accorrere a Padova e Treviso alla loro conservazione; ma non facendo egli alcuna offerta, nè mandando i figli in detti luoghi, come ognuno si aspettava, non produsse effetto; tuttavia al crescer del pericolo, Padova fu poi ben soccorsa di denaro e di gente, e così Treviso. Impaziente 1’ Alviano di starsene chiuso in Padova, uscì in campo per molestare il nemico nella ritirata a Vicenza, e chiudergli il passo. Vi riuscì a segno, che il Cardoua non ebbe altro scampo se non d’ aprirsi la via colla spada e di affrontare una battaglia a’ 7 ottobre nel Vicentino. Cominciata la terribile e fiera zuffa, pareva la sorte piegare in favore de’ Venezia ni, quando sopraggi unto il Cardona, e dando addosso a gran turba di contadini accorsi a predare, questi abbandonatisi alla fuga, scorando co’ loro gridi volta, volta, portarono la confusione nel campo veneziano che si disperse, parte veueudo barbaramente sterminato sotto le mura di Viceuza, ove erasi diretto per rifugio. Il provveditor Lo-redano fu preso e ucciso, il Baglioni e altri capitani rimasero prigioneri, altri perirono. Notizia fu questa che a Venezia tanto più commosse gli animi, quanto che più inaspettata arrivava, già tenendosi ognuno, per le lettere antecedenti del campo, sicuro della vittoria. Tuttavia il senato non si lasciò avvilire e confortò i’Alviano. Tale sconfitta non ebbe quelle pessime conseguenze eli’erano da a-speltarsene, perchè gli spagnuoli stanchi e dilacerati aneli’essi, sopraggiunte le pioggie invernali, entrarono negli alloggiamenti d’Este e Montagnana. E mentre spaglinoli, tedeschi e veneziani si combattevano in Italia, ardeva la guerra anche in Francia contro gl’inglesi e gli svizzeri, impedita quindi di soccorrere la repubblica. Il che dava grandi pensieri a Leone X, che non voleva troppo poteu-te Massimiliano 1, e vedeva gravissimi pe-