79° a s. Marco, sulla riva degli SchiavoLi e a Castella moltissimi si rifugiarono : fu a perlo il palazzo ducale, c si die’ pure ricovero sugli anditi e sulle scale. Commoventissimo spettacolo I Imperocché alla penuria del pane, che ogni dì si rendeva piìi spaventevole, e alle distruzioni, si aggiunse, che sviluppatosi il cholera, progrediva orribilmente. Eppure in mezzo a tante desolanti miserie, guai a chi parlava di capitolazione. Il popolo in generale era pertinace nella difesa, ma i capi ormai mancavano d’energia. Due palle caddero tra il 3o e 3i luglio nella chiesa di s. Apollinare, e rimangono le vestigia sul pavimento inque’due circoli di marmo nero che visi posero a memoria. I militi veneti non mancarono di fare rappresaglie. A’3 agosto accadde spiacevolissimo avvenimento. Il palazzo del pio e rispettabile Cardinal patriarca fu aggredito da una turba di fanatici, che atterrate le porte, fra minacce violentissime,entrarono a furia, cercarono da per tutto il prelato, che per buona sorte era riuscito a sottrarsi, e tutto fracassando , gettarono nel vicino canale molte suppellettili preziose, con danno significante. Accorsi i gendarmi,li dispersero. Ciò avvenne,per essere stata dagl’ ignoranti male interpretata un’istanza, in cui fra parecchi era sottoscritto il patriarca , e colla quale chiedevasi al governo che palesasse i motivi che potevauo indurlo alla resistenza ad ogni costo, in onta alle sopravvenute nuove calamità del paese, tempestato di palle, mancante di viveri, e anche flagellato dal cholera; istanza ragionata e semplice, dettata da un beninteso amor di patria. Ma alcuni perturbatori la fecero credere una ricerca di capitolare, e provocarono questo disordine, e quest’insulto verso una perso-ua di così eminente dignità sagra e benemerita. A’ 5 si aumentò la pioggia di fuoco, su tre quarti della città, e qualche volta i proiettili su d’ alcun infelice : il cholera progrediva, il pane si penuriava spesso sino a sera, disagio di abitazioni spavento, erano il corollario a tanti danni. Nel dì seguente l’assemblea concenti ¡1 nel presidente Manin ogni potere, acciò provveda pel meglio dell’onore e salvez za di Venezia, riservandosi la ratifica. Il popolo schiamazzando voleva uscire in massa e battersi.Manin gli disse fatelo, ma che finora le parole non corrisposero a: fatti. L’8 salpò la flotta veneta composta di 2 corvette di i ."rango, 2 corvettedi 2. una goletta, 3 brick, un piroscafo, io trabaccoli e 3 piroghe da rimurchio. La flotta austriaca prese subito il largo;essa compone vasi di 3 fregate, 2 corvette, 5 brick, 4 battelli a vapore, de’ quali uno solo da guerra, ed alcuni trasporti Nella sera de’10 la flotta veneta rientrò, restando delusa la viva speranza di Venezia per un fortunato combattimento. La grandine de’proiettili continuava in cessante, facendo danni e incendi, eia ¡pompieri tra’più gravi pericoli mirabilmente estinguevano. A’ 12 la flotta riprese il mare, e il governo d’accordo col consiglio comunale ordinò uu’ ulteriore gravezza colla sovrimposta di sei milioni a carico di tutti gl’ immobili, da pa gai si mediante un’addizionale di 25cen tesimi per ogni lira di estimo, divisa in rate trimestrali (ciò fece ascendere a 33 milioni l’ammontare della carta monetata, ed a 60 milioni il totale delle spese dell’epoca dell’insurrezione). A’ i5 fu il maximum de’casi del cholera; di 4o2,ne morirono 270. A’iB Manin parlò per l’ultima volta al popolo, affollato sulla piazza, e mostrando assai viva agitazione. Gli disse: Le condizioni essere gravi, nè averlo taciuto all’assemblea, non però disperate. Per negoziare occorrere calma e dignità, com’ egli procedeva: il volersi da lui una viltà, sarebbe sagrifizio che non farebbe mai, nemnie no a Venezia. La flotta non potè esser mai attaccata dall’austi iaca,ed essere au ch’essa afflitta dal cholera, pel quale e pel tempo fortuuoso era rientrata, pron