8i6 sio III romano, confondendolo col Papa che allora regnava. Visse 9 anni e non di più. — Nel 920 trovasi l’i i.° vescovo Giovanni II, e governò almeno sino al 929. — In tale anno gli successe il 12.0 Pietro I Tribuno o Tron, figlio del defunto doge omonimo, che alla chiesa di s. Maria Formosa fece quanto notai nel descriverla nel § Vili, 11. 7, morendo nel cader del 937,0 nel principio del 938.—-In questo comparisce il 13.° vescovo Orso IIMagadisooMagadisio veneto, già vicario di s. Cassiano, lodato per bontà di vita e sapienza. Fu a suo tempo, alla sua presenza e mentre celebrava pontificalmente nella cattedrale d’Olivolo, a’3 I gennaio 930 circa, ovvero nel 932, che i triestini approdati furtivamente nel tempio audacemente rapirono le spose veneziane, ratto che altri ritardano al 935 e al 944) le quali, giusta il costume,il vescovo co’sagri riti nuziali dopo la messa do-vea benedire. Avverte l’ab. Cappelletti, che tale funzione,detta la festa delle Marie, facevasi sempre a’31 gennaio, e non ili.“ febbraio o vigilia della Purificazione,come alti i scrissero.— Immediato successore e 14-° vescovo nel 945 fu Dome-nrco IV Talonico o Tradonico veneto, cappellano di s. Marco e cancelliere del doge Pietro Candiauo III, che pose le reliquie di s. Gio. Battista nella chiesa di s. Gio. Battista in Bragora, come notai parlandone nel § Vili, u. 4; e siccome ivi riposa il corpo di s. Giovanni Elemosina-rio, sospetta l’ab. Cappelletti che fosse collocato, invecedi dette reliquie,dal ve«covo, il quale terminò di vivere nel 9^5. —In quello ne fu successore il 15.“ vescovo Pietro II Marturio veneto da Quintavalle, ossia nato nell’estremità orientale dell'isola d’Olivolo, il quale col padre e altri parenti fondò la chiesa di s. Agostino parrocchiale , e con testamento la soggettò in perpetuo a’vescovi suoi successori, il che non mancai accennare nel n. 53 del citato §. Nel 960 fu radunato in Rialto il sinodo provinciale, a cui Pietro II, col patriarca diGrado Buono Blancanicn,tro vossi presente con altri vescovi e ne sotto, scrisse gli atti, che ilCappelletti dice ripoi tare nella Storia della Chiesa di Fette-zia, non per anco compiuta. Forse è que sto quel sinodo, in cui furono decretate severissime pene contro que’veneziani che portavansi ne’porti di Soria e dell’ Egitto, che le leggi civili punivano di morte, perchè lemevasi che facessero co'saraceni traffico di legname o di ferro o altri relativi articoli, u somministrassero loro facilità d’aver armi per la guerra, che coni-battevasi dalla repubblica veneta collegata co’greci. E qui dirò coll’ab. Cappelletti, che anteriormente , non ostante il civil divieto, approdarono in Alessandria, Buono tribuno di Mulamocco e Rustico cittadino di Torcello, come lo qualifico, i quali poterono acquistare il teso- lo delle spoglie di s. Marco. O felixculpa! Certamente nel sinodo del ()6os’im posero severe pene ecclesiastiche contro il riprovevole traffico degli schiavi cristiani, die i veneti solevano fare , come raccontai in fine del n. 4 del § XVI. Apprendo dagli Annali Urbani di Venezia, del cav. Mulinelli, all’anno 960, che il sinodo, cui pure intervenne il vescovo di Torcello Pietro IV, fu tenuto nella cap pella ducale di s. Marco, ilche prova l'ampiezza eziandio della primitiva chiesa. E-gli pure narra, chea niuno garbava il negoziato infamissimo di schiavi che i liberi veneziani facevano, i quali non solamente continuavano ad adoperarli ne'bi-sogni loro, ma eziandio li vendevano a-gli africani (I) e ad altri popoli; per niente poi garbava a’ veneziani, che lettere dall'Italia e dalla Germania a’greci e al greco imperatore si recassero. Potendo adunque da quel traffico lauto scandaloso e da quel clandestino trasporlo di lettere venirne forse pessime conseguenze, opportuna melile si volle impedire 1 due inconvenienti, col mezzo allora più di qualsivoglia altra pena temuto. Perciò si fulmiuò Panatema e si lolse la parie-