284 periati, si mantenne fedele. Anche il Friu- li in gran parte si sosteneva , e Udine mandò a Venezia a domandar stradioti per difendersi. Cittadella all’ incontro si perdeva per tradimento di Pandolfo Ma-latesta. Frattanto cadde Cremona e Tal-Ire terre di Lombardia. Iu Venezia la processione del Corpus Domini si fece senza pompa, stante la scomunica. Un qual che raggio di speranza pareva spuntare. Giulio II, che nel fondo del suo animo non vedeva volontieri tutte quell’ anni straniere in Italia, mostrava qualche inclinazione ad un componimento, e per lettere del Cardinal Grimani seppe il governo ch’egli avrebbe gradito 6 ambasciatori. Il senato desiderosissimo di far levare le censure che più pesavano del-l’arini nemiche, a’6 giugno i5og approvava che gli ambasciatori fossero nominali e furono: Domenico Trevisan, Leonardo Mocenigo, Alvise Malipiero, Pao- lo Cappello, Paolo Pisani, Girolamo Do-uh. A’20 giugno die’loro la commissione d’ esporre a Sua Santità , come fossero illimitati i disegni de’francesi; aver la repubblica più volte mandato all'imperatore per unirsi con lui e colla s. Sede, ma non aver mai dato ascolto a’ messi, per effetto d’alcuni che lo circondavano; volesse dunque il Papa supplicare l’imperatore a uon prestare orecchio »’francesi, non procedere più oltre e lo sollecitasse alla lega; non volesse Sua Santità permettere che i particolari veneziani soffrissero danni nelle loro possessioni e averi in Romagna, liberasse i rettori prigioni, e restituisse (’artiglierie; lodar molto l’idea d'una guerra contro gl'infedeli, ma uon nominasse la repubblica finché la faccenda non fosse ridotta ad alto, per non esporla a’confini senza fruito. Finalmente domandare un capitano da scegliersi tra Giampaolo Caglioui, Loreuzo da Ceri e Troilo Savelli, e la restituzione del denaro pagato per le condotte degli Orsini e de’Savelli;giustifìi:are pei ultimo l’imposizione delle decime ecclesia- «liclie già concesse da Paolo II e successori contro gl’infedeli. Rialzavano altresì le speranze de’veneziani alcuni segni di disgusto che già cominciavano ad apparire fra Massimiliano l e Luigi XII , il malcontento de’popoli verso i nuovi do* minatori per le violenze e angherie che commette va 110 d’ognì specie, riaccendendo loro il desiderio dell’antico governo. L’i i luglio già erano insorte diverse terre, tosto sostenute da’veneziani, così Padova dopo 42 giorni d’aspro governo al grido Marco Marco tornò a’ 17 al dominio veneto, giorno di s. Marina, perciò poi solennizzato , come notai nel § VIII,n.8,descrivendola chiesa. Le chiavi di Padova in essa depositate, orasi vedono affisse nel muro del chiostro del seminario patriarcale. La fedeltà di Treviso e la ripresa di Padova dierono animo ad altre d’inalberar di nuovo la bandiera della repubblica. Ma già a’ primi d’agosto si moveva il marchese di Mantova per unirsi col generai francese la Palisse a Verona, nel tempo stesso che Massimiliano I scendeva finalmente in persona con esercito dal Trentino, per accorrere alla difesa del Vicentino e al riacquisto di Padova. Nou tralasciavasi perciò i maneggi di pace, a’quali prima di partire avea dato orecchio l’imperatore, fatti dal priore della Trinità , e giunto a Cassano l’inviò alla signoria per sentirne (’intenzioni, volerle restituire tutte le terre con censo onesto. Rispose la signoria esser pronta a lutto e alla lega pel ricupero del Milanese, e attendere un oratore per trattare. Ma nulla concludevasi e già le bande tedesche scorazzavano nel Friuli, da Treviso uscendo i veneti a reprimerle. Riuscì al veneto capitano Lucio Malvezzi di far prigione il marchese di Mautova Francesco II Gouzaga. Condotto a Venezia di uotte, gridò il popolo: appicca, appicca il traditore. Fu posto in una stanza della torricella, per lui riccamente addobbata. Ciò saputosi dal contedi Pitigliano, che stava alla difesa