5i 4 intanto in un’abbandonata isoletta, qual era alloro quella di s. Servilio (della quale nel § XVIII, n. io), alle fuoruscite vergini di Creta. Molto in quel mezzo penuriando l’erario di denaro, e insufficienti essendo alle spese ingentissime della guerra le rendite ordinarie dello stato, venivasi a vendita di nobiltà. Alla proposta di far così diventare i sudditi principi e di vendere per denaro il principato, molto sensatamente e vigorosamente opponevasi Angelo Micliic! avo-gadore. Essere detestabile cosa, diceva il Michiel, darsi per poco denaro, ammassato forse con indecenti arti e con illeciti mezzi, una prerogativa che non può acquistarsi se nonché per la nascila o per le azioni, ed ammettersi tra’ nobili non più gli ottimi, ma i facoltosi, perciocché l’oro pub trasformare in un istante in ottimo anche alcun pessimo. Chi sarà poi,soggiungeva,colui, che per In difesa della repubblica sagrificlii più le sostanze e la vita, se il vero merito per ottenere la nobiltà sarà l’oro, se le usure, gli scrocchi e tutte le altre sordidissime arti usate da coloro che vanno accumulando tesori, sopravanzeranno le azioni cavalleresche e gloriose? Anche nellaguerrodiChioggia, continua va il magnati mina vogadore, a nobiltà scile varatisi i popolani, ma diversi erano i tempi, diverse le circostanze. Non possedere allora Venezia tante città fioritissime di uomini nobili ed illustri, essersi allora aggregati a’nobili de’popolani solamente a guerra finita, aversi allora conceduto l’insigne favore ad un prescritto numero di persone, le quali poi e col-l’ingegno e colle sostanze e colla vita a-veano dato opera alla redenzione della patria. Ma senza scelta di persone, senza limitazione di numero e senza ancor sapersi il termine della guerra procedere volendosi diversameute, conchiudeva Mi-cliiel,doversi tentare per far denari qualunque altro esperimento, doversi vendi tc piuttosto le pubbliche entrate, i ca- pitali più sagri, eziandio alcuna provin eia, non mai la nobiltà. Ributtata con maggioranza di suffragi quella giud,. ziosa opinione, riapri vasi già dopo 3qo anni il famoso Libro d’oro, ed iicri-vendovisi i nomi di molte famiglie, otto milioni di ducati ristoravano in pochi i stanti l’erario impoverito”. Ecco il nome delle famiglie ammesse alla nobiltà di Venezia. Labia, Widman, Ottobom, Zaguri, Tasca, Rubini, Gozzi, Corre’ gio, Fonte, Martinelli, Anlelmi, Zeno-bio, Celioni, Tornaquinci, Suriani, Mac carelli, Bonfadini, Zambelli, Fierarao-sca, Beregani, Crotta, Tolfetti, Sant.no fia, Fini, Minelli, Maria, Zon, Brescia, Ghirardini, Papafava, Cavazza, Leoni, Medici, Zanardi, Zacco, Dundirologiu, Stazio, Gambara, Mora, Condulmer, Nave, Luca, Mafetti, Piovene, Anatrano, A ri berti, Zolio, Soderini, Uavagnim, Dolce, Valmarana, Vianoli, Lazzari, Cai-setti, Gitipponi, Lago, Berlendis, Raspi, Ferro, Bonvicini, Poivaro, Poli, Flan-gini, Farsetti, Fonseca, Cornato (famiglia diversa dall’antica e più volte celebrata), Bergonci, Barbicano VVatia-xel, A1 btizzi,Gbedini, Verdizzotti, Doni-ni, Bonlini,Conti,Pasta,Giovanelli, Mi* nin. Intanto giunto il 37 febbraio«635, morì il doge Molin, ed ebbe sepoltura nella tomba de’suoi maggiori nella chiesa di s. Stefano. Questo doge si vede dipinto nella chiesa di s. Maria del Pianto, colla monaca Benedetta Rossi supplicanti laB. Vergine, da Sebastiano Santi, perchè I* chiesa fu fondata per voto della repubblica nella guerra di Candia. Nel lo5* erettosi fallare della 5.' cappella di ». Maria della Salute, per volo della repubblica in occasione della guerra in diicor-so, ne dipinse la pala Pietro Liberi, rappresentandovi Venezia prostrata a’piedi di s. Antonio, e il doge Moliti soddisfallo dell'artista lo creò cavaliere. 36. Carlo Coniar ini C doge. Senato re prudente e gravissimo, contro ogni sua espcttazionc, c perciò non senza »1"