708 legni minori veneti, e due brick francesi, comandala dall’ammiraglio Brueys, a prender possesso di Corfù, vera chiave dell’Adriatico, e l’altre isole Jonie Cefa-lonia, Zante, s. Maura, Itaca o Tiaki, Ce-rigo, l’axò e altre minori, facenti già parte del dominio veneto. Si ebbe non senza contrasto la fortezza di Corfù munita di 51 o cannoni, con 3,800 uomini di presidio, e si presero nella rada 6 vascelli con 5 fregate. Tutte l’isole furono occupale. Napoleone domandò a’veneziani un ministro presso di se, e gli fu inviato les patrizio Battaglia , che restò in Milano fitichè vi soggiornò quel generale. A’ i4 luglio si festeggiò da’francesi sulla piazza di s. Marco l’anniversario della presa della Bastiglia di Parigi,alla presenza di numeroso corpo di guardia nazionale; si resero funebri onori a’militari morti in Italia della divisione del generai Baraguay d’Ililliers, il quale distribuì nuovi vessilli; e poi ebbe luogo la regata: tutte ce-reinonie fatte solennemente e con grandissimo dispendio. In questo tempo il direttorio approvò la condotta militare e politica di Napoleone tenuta in Italia, e specialmente riguardo a Venezia. Ma già Mallet du Pan avea pubblicato sui giornali con indignazione, i mali trattamenti fatti subire agl’infelici veneziani,benché tenuti per amici. Epoco dopo Dmuolurd annunciò a Parigi al corpo legislativo, che voleva esaminare a qual sistema di compensazione si pretendesse far servire l’invasione delle provincie venete, e se tale invasione fosse destinata ad offrire nella storia altro esempio della divisione della Polonia operata nel 1772. In Venezia e ne’capoluoghi di Terraferma iutanto era tutto anarchia, disordine e dissoluzione; tutto ubbidiva ad un giogo militare,e sotto oppressori e requisizioni, con tulli quanti i mali che ue derivano. I commissari francesi manomettevano l’argenteria delle chiese; depredali erano i monti di pietà, onde supplire alla suddetta contribuzione de’ciuque milioni. Vennero pure se- questrali i beni degli ex patrizi di Terraferma, ma dopo che fu esalta la maggior parte dell’ annue rendite fu tolto il sequestro. Però a’francesi non riuscì di sottomettere i Sette Cantoni, paese del Vicentino, affezionatissimi al governo di s. Marco. Con decreto de’ 2 settembre fu ordinato raccogliere in una sola cassa il prodotto delle rendite di tutti i conventi, monasteri, confraternitee altri stabilimenti pii dell’antico stato veneto, per erogarsi a vantaggio de’ poveri, degl'infermi e degl’impotenti, non che de'patrizi indigenti. L’amministrazione fu affidata a 3 individui, invitandosi 1’ ex doge Manin ad unirvisi. A misura che ritardavano i francesi a far conoscere il destino de’veneziani, come nazione, tanto più sembrava sinistro il loro silenzio. L’incertezza però dovea cessare nel mese di ottobre, dopo che da un anno il paese era trattato come cosa di conquista. Nelle confe-renzedi Milano,coinenarraiji commissari della cessata repubblica erano stati lusingati, che al suo territorio si sarebbe unito il Ferrarese, la Romagna e fors’anco il porto d’ Ancona; di ciò non contento Napoleone con chimere continuava a pascere il deputato Battaglia,Dandolo,Zor-zi e gli altri municipalisti, cui faceva giuo-c iré a suo talento. Volle mandare a Venezia sua moglie, in testimonio dell’affetto che nutriva pel paese, ove ricusava per altro egli di recarsi. Si accolse madama Giuseppina Bonaparle quasi quale sovrana: ella forse iguorava meditarsi da suo marito la totale rovina de’veneziani. I magistrati a malgrado di tante promesse e dimostrazioni,avendoconcepitoqual-che diffidenza, studiarono di riavvicinarsi alle provincie di Terraferma, le quali 11011 andavano interamente d'accordo su ciò che si volessero ; ma non essendovi riusciti, sperava la veneta municipalità d’ ottenere dal direttorio Cisalpino , col permesso di quello di Parigi e di Napoleone, di venir aggregata alla repubblica Cisalpina; bentosto però conobbe che nou