i4° Jblica nel seguente dogado. À’5 o a’7 novembre 1 33g restò eletto doge Bartolomeo Gradenigo d’anni 76, uomo liberale, mansueto, pio e generalmente amato, che da 6 anni era insignito della dignità di procuratore di s. Mareo de Supra. II breve suo reggimento poco lasciò di memorabile a’posteri. Il principio del suo governo fu contrassegnato da una delle più terribili inondazioni che mai affliggessero Venezia, minacciata a’ i5 febbraio i34o d’essere all’intatto sommersa; onde la sua salvazione si attribuì all’intercessione di s. Marco, s. Nicolò e s. Giorgio. Si racconta (da molte cronache e dal Rinaldi) che questi santi, entrati nella barchetta d’un povero pescatore, si facessero condurre, non ostante l’imperversare dell’onde, all’ isola di san Giorgio; ove il santo di questo nome discese; poi a san Nicolò del Lido, ove sbarcò il secondo; in fine alla piazza grande, ove prendendo terra s. Marco, lasciò al pescatore un anello con ordine di tosto recarlo al doge, cui dovea raccontar quanto avea veduto e operato, e come que’3 santi aveano fatto sommergere una barca di maligni spiriti che preparavano la rovina di Venezia. Tale pia leggenda vedesi rappresentata in due magnifici dipiutijUiiodelGiorgionecolla burrasca, l’altro, col pescatore che presenta al doge l’anello ricevuto da s. Marco, di Paris Bordone, già rapito nel 1797 e portato a Parigi; quindi ritornato a Venezia, venne coll’altro delGiorgione posto nella sala dell' accademia delle belle arti ; e die per lungo tempo motivo ad una festa commemorativa in quel giorno. Tanto era divenuta grande la fama della repubblica, che Odoardo III re d’Inghilterra, in guerra con Filippo VI re di Francia, a lei si rivolse per aiuti di 4» galee, o almeno si tenesse neutrale e vi inducesse pure quella di Genova, promettendo grandi privilegi e vantaggi commerciali. Rispose il doge: dolersi della ni-tuiciziade’due re,come dannosa a tutta la cristianità; non potersi mandar le galee, perchè i turchi si facevano sempre più formidabili e la repubblica avea a frenarne l’impeto a comune vantaggio ; non parergli conveniente scrivere a’genovesi; e del resto gradire i privilegi che volesse concedere a’veneziani. Nel ¡3^.2 si rinnovò il trattato di tregua con Giovanni I Paleologo imperatore di Costantinopoli, la condizione del suo impero era divenuta miserabile, soprattutto angustiato da’turchi che andavano avanzando in Europa, avendo l’imperatore impegnato per 3o,ooo ducati d’ 010 le sue gioie a’ veneziani. Questi e i genovesi, allora amici, esercitavano nell’impero greco gran influenza e tutto il commercio era in loro mani, per cui a regolarlo segnarono tra loro un trattato nel i342. On’altra ribellione suscitata in Caudia, tosto domata, ed una grande carestia che afflisse Venezia, questo doge già nel principio sì caro resero dispregiato e inviso sulla fine del suo principato, scrive Caffi, la quale avvenne a’ 24 o 28 dicembre i342. Ebbe sepoltura nell’ atrio della basilica Marciana. Sotto il di lui reggimento, cioè neli34o, si decretò la erezione della sala del maggior consiglio, il che fu male attribuito da parecchi scrittori al ducato di Marino Faliero. —Andrea Dandolo LIVdoge. Il suo biografo Veludo e il prof. Roma-uin lo celebrano primo storiografo delle cose veneziane, ed il 1 .“che fra’ nobili veneti ricevesse la laurea dottorale nell’università di Padova, ove per qualche tempo fu professor di legge (uon lo trovo per tale nella Storia dello Studio di Padova del cav. Colle), nipote degnissimo del celebre doge Enrico, per le personali virtù detto Cortesia o conte di Virtù ; già procuratore di s. Marco, podestà di Trieste ov’ebbe iu feudo dal vescovo la città di Siparo, stato proposto a doge nell elezione del predecessore, lui rifiutante, ad onta della giovanile età, e sebbene questa di 33 o 36