io Foscari e quello de* Balbi erigevnsi la mela, a cui pervenivano le gareggianti barchette per cogliere il premio, la macchina fu appunto costruita presso al palazzo Balbi. In questo poi e in una magnifica loggia, costrutta per dominare comodamente la veduta delle duebrac-eia del Canale, si recò a goderla l’imperatore colla regia comitiva, e partita la 3.a regata, nel suo maestoso caicco, co’ sovrani e principi, giròacclamato pel Canal grande, indi al palazzo reale fece ritorno. Lasciata Napoleone I la signora antica de’mari, perTreviso, ben accolto, si recò a visitare pure Palmanova e le fortificazioni d’Osopo, indi festeggialo a Udine, retrocedendo fu al regio palazzo di Stra, e per Mantova fece ritorno a Milano, senza intrattenersi un istante a Padova. Questa dolente e confusa, gl’in-viò un’ambasciata con a capo il virile ingegno del concittadino Melchiorre Cesarotti, allora ammiralo principe della letteratura (poeta stimato, scrittore vivace, acuto filosofo, critico erudito, singolareggiandosi nella poesia e prosa con parole e frasi francesi, come osservano : Moschini, Della letteratura Veneziana del secolo XVIII fino a’noi tri giorni; Gamba, Galleria de’ letterati ed artisti illustri delle provincie Venete del secolo XVIII)j la potenza della cui e-loquenza, ne vinse lo sdegno, I’ amicò con Padova, ed all’ oratore procurò vitalizia pensione di 4>o°° lire e il grado di commendatore della corona ferrea, che divenuto maggiormente entusiasta, anco alla poesia estese le lodi profuse nella prosa, col poema Pronea. Nella Storia di Pio VII, dell’Artaud, l. 2, p.g5,è una lettel a scritta da Champagny all’ ambasciatore francese Alquier, a’ 7 dicembre da Venezia,celebrando l’accoglienza falla a Napaleone I, colla mira » d’incoraggiare coloro che sostenevano essere conveniente che il Papa cedesse alle pretensioni d’un sì grande vincitore, il quale a suo talento disponeva an- 747 che degli stali dell'antica e possente repubblica veneta’’. — Intanto fra le angustie enormi che Napoleone I incessantemente recava n Pio VII, altra amara questione addolorava l’ottimo Papa, per I’ estensione alle provincie venete del summen-lovaloconcordalo del regno Italico. L’ac-ccnnai nella sua biografia,e quicome luogo suo col Coppi meglio ne riparlerò. Sino dal settembre 1806 il ministro del cullo del regno Italico avea trasmesso a Roma le nomine a diversi vescovati tanto de!Cantiche diocesi della repubblica italiana, quanto di alcune esistenti nel territorio veneto unito al regno dopo la pace di Presburgo. Il Papa però rispose: » Certamente niunopiù di lui desiderare che si provvedessero le chiese de’loro pastori. Far però osservare che dal governo Italico le nomine si erano falle in forza del concordato; ina questo da Napoleone essersi violato nella stessa sua promulgazione; dalla s. Sede non essersi perciò pubblicalo: quindi non potersi in forza del medesimo nominare. Doversi inoltre considerare che il privilegio di queste nomine accordate per il regno I-talico non si poteva estendere a’dominii veneti che posteriormente vi erano stati uniti. Di più essersi dal governo Italico nominalo ad alcune diocesi venete, alle quali per lo innanzi aveva sempre provveduto direttamente la s. Sede. In tale stato di cose pertanto, doversi prima accomodare le questioni insorte sul concordalo Italico, e doversene concludere un altro pe’veneti domimi prima di provvedere de’loro vescovi le diocesi indicate”. A questi principii d’ecclesiastica disciplina il viceré Eugenio osservava: » Che sarebbe opportuno il differire ad altra e-poca la discussione de’reclami relativi al concordato. Nelle circostanze in cui era allora l’Eiiropa,e specialmente il più potente fra’monarchi cattolici,doversi piuttosto prescindere da ogni a I tra cosa e p 10 v-r vedere le Chiese de’ loro pastori ”. Del resto, egli comunicòil tutto a Napoleone