s48 blica avea esposto la causa della guerra, di adoperarsi a mezzo del nunzio di Venezia Nicolò Franco vescovo di Treviso, per recare a termine una conciliazione, e visi maneggiava lo stesso conte Sanse-verino, ina non riuscendo il trattato, ri-pigliaronsi le armi. Si combattè il 4 luglio a Rapaccione colla peggio de’ veneziani, Antonio Sanseverino per salvare il conte padre rimase prigioniere per la i.8 volta (l’altra era stato pel combattimento sostenuto da prode in singolar tenzone col conte Giovanni di Sonneberg, per la questione dei valore nazionale de’ tedeschi e degl’ italiani), ma fu vittoria che costò tanto sangue agli austriaci che quasi tutti si sbandarono e tornarono alle case loro. Allora i veneziani riacquistarono Pioveredo a’a5 luglio, ma quando il Sanseverino si proponeva recarsi a Trento, a’io agosto furono disfatti presso l’etra da un buon corpo di truppe comandate dal prode cav. Kappler restato al campo. I fuggiaschi non più trovando il ponte di barche da loro fatto sull’Adige, volendolo passar a nuoto, tra quelli di cui si ebbe a piangere la perdita fu il valente capitano Sanseverino, e trovato poi da’uemici il corpo, l’onorarono e tumularono in s. Vigilio di Trento, ove tuttora vedesi la sua statua in marino rosso con iscrizione. L’ anniversario ili questa vittoria, detta di Colliano, venne fino a non molto festeggiata con solenne messa e commemorazione. Ma anche l’esercito tedesco era quasi distrutto, mentre gli avanzi del veneziano ritira* ronsi a Roveredo. Laonde il desiderio di pace si rinnovò vivissimo tra ambe le parti, e già prima della battaglia di Cai-liano s’erario avviale alcune trattative. Innocenzo Vili nulla avendo conseguito pel nunzio apostolico, nominò suo legato a Sigismondo il vescovo d’Osimo Paris da Castelfidardo, confortandolo a por fine all’aspra guerra, e mettendogli in vista, che sovrastando il turco all’Italia P alle cose di Roinq, non era quello il tempo che due popoli cristiani per leggerissime cagioni, solite accadere fra principi confinanti, la facessero tra loro;oifren-dogli d’usare ogni equità, qualora l’arciduca volesse il Papa per arbitro delle sue discordie Gol senato veneto. Il vescovo Paris dopo aver dimorato alcuni giorni nel trattamento della pace con Sigismondo, dopo la metà di luglio andò ancora a Venezia con alcuni capitoli, i quali dal senato non furono accettati, onde senza conclusione alcuna se ne tornò nel settembre a Roma, per allora senza profitto. Già a’i5 agosto Federico 111 scrivendo agli stali, incolpò i ministri d’aver ingolfato il fratello in guerra senza bisogno e ragione, e gli stati disapprovando la condotta dell’arciduca e l’arresto specialmente de’mercanti,lJesortò vivamente alla pace. Pertanto a’27 settembre 1487 si recarono a Venezia i messi di Sigismondo, proponendo dimenticanza delle passale ingiurie, liberazione de’pri-gionieii e reciproca restituzione dell’occupato. Il senato indignato per le violenze de’conti d’Arco, prolungò le trattative, finché fu convenuto rimettere ogni questione nell’arbitrio di giudici imparziali, e d’affidare le castella ancora conlese nelle mani del Papa; e benché la pace si segnò a’i3 novembre dello stesso 1487, nondimeno le vertenze continuarono per alcun tempo. Giunse in quell’ epoca in Venezia un’ambasciata d’Ivan III, che avea assunto il tìtolo di sovrano di tutte le Russie, annunziando la vittoria da lui riportata sui tartari , e presentando ricchi donativi di zibellini con una lettera dello stesso principe. 1 due ambasciatori furono molto festeggiati, tutti facendone le meraviglie , e partirono non meno stupefatti della magnificenza della città a’j settembre 1488.—-Frattanto il domi -niodell’isola di Cipro nella reggenza della regina Cornaro si mostrava mal sicuro, essendo minacciata l’isola all’esterno da’turchi e dal soldano del Cairo, e al di dentro dalle segrete mene della prete«-