598 che, rimandarsi alla loro patria; mentre, giacché i forestieri non potevano avere nel dominio veneto carica alcuna, era ben giusto che i religiosi veneziani non partecipassero de’benefizi e degli onori degli altri chiostri. Ma fattesi più mature considerazioni,ed all’indignazione sottentrata la calma, prevalse la prudenza. Otto giorni dopo la lettera scritta a’vescovi del dominio veneto, altra ne scrisse Clemente XIII al senato. Se lai.“ non era che un salutare avvertimento circa il modo con cui si doveano dirigere que’ prelati, sulle leggi riguardanti i regolari, la i era un rimprovero libero ed acerbo fatto alla repubblica ed a’ suoi stessi concittadini. Questo breve Cuni ad Nos, dell’8 ottobre 1768, trovasi nel Guerra, Epitemi. Constit. Apostolicar. t. 2, p. 347, e nel Bercastel, ed è del seguente tenore. » Essendoci giuDto 1’ editto Vostro sui regolari, sorpresi Noi ad un avvenimento tanto inopinato e inaudito, pi demmo a pensare qual oggetto aver possa finalmente quest’impegno Vostro d’introdurre delle novità nella Chiesa: richiamando poi le passate cose, troviamo che negli anni decorsi del Nostro pontificato avete apportato molte gravi molestie alla Chiesa, avete vjolati i diritti della Sede apostolica, avete calpestato la giurisdizione ecclesiastica, e che in codesta città capitale del Vostro dominio, avete compromessa la Religione che professate, non essendo da Voi stato dato ascolto alle Nostre querele riguardo alla condotta degli scismatici (della chiesa di s. Giorgio e dell’arcivescovo Giorgiogià rammentato). QuestoVostro procedere scandalezza gravemente i fedeli,e li getta in una grande meraviglia, perchè non avete in conto alcuno soddisfatto alla Chiesa, quasiché abbiate deposto ogni pensiero sul pericolo dell’anime Vostre. Con quello poi che avete fatto a sommo pregiudizio della Vostra eterna salute, lasciandovi trasportare dal fanatismo di fare dell’innova-zioni, siete andati ad urtare iu altro sco- glio. Mentre la Vostra repubblica ebbe sempre un giudizioso orrore a fare delle novità, Voi tutto al contrario ne avetein-trodotte molte nella Chiesa, ed ora vi siete avanzati ad un passo ardito e quasi incredibile. Dopo aver disprezzate le le^i dalla Chiesa fatte, coll’assistenza delloSpi-rito Santo, ne’suoi santissimi concilii generali, tutto ad un tratto avete messo la mano alla maggiore di tutte l’imprese, cioè al rovesciamento totale di tutti gli ordini regolari, o per meglio dire all’estinzione di tutti i detti ordini nel Vostro dominio. Gli effetti di questa estinzione quanto debbano essere fatali alla Chiesa, già lo vediam presentemente, e ne sentiamo un vivo dolore; quanto poi debbono essere funesti alla repubblica Voi stessi lo vedrete. Non vi è persona saggia che non conosca chiaramente tale essere lo scopo di quel Vostro editto. Che se veramente l’intenzione Vostra si fu di riformare gli ordini regolari, che a Vostro giudizio reputavansi in istato d'infermità, sappiate che non tocca alla podestà laica di guarire il loro male, che i rimedii da Voi apprestati non possono restituirli in salute, e che anzi tendono necessariamente al loro esterminio. Il concilio di Trento da questi ordini santamente istituiti e saggiamente governati giudicò molta gloria e molta utilità derivare nella Chiesa di Dio, giudicò che nou doveane abolirsi, se decadessero dalla loro antica e regolare osservanza, ma che in tal caso , ritenendoli nella Chiesa , si venisse ad una provvida e saggia riforma de’medesimi: ne viene dunque in conseguenza che alla Chiesa stessa e alla podestà della Sede apostolica devesi domandare il modo di riformare gli ordiui regolari, perchè legittimamente,convenientemente ed efficacemente sieno all’aotica disciplina richiamati. Non possiamo inoltre abbastanza meravigliarci,che Voi crediate potersi per Vostra autorità cambiare le costituzioni di qualunque ordine, mentre persone religiose hanno prò-