66 greci, die dopo vari combattimenti favorevoli e avversi, in fine i veneziani furono in novembre quasi interamente sconfitti. Il dolore di tale avvenimento fu grande in Venezia, e se ne diè la colpa al doge, sebbene sia incerto se egli o il suo figlio fosse propriamente il condottiero delle squadre venete. Il popolo troppo avvezzo a’trionfi restò corrucciato e inconsolabile, anco perche coll’essersi inimicato il Guiscardo veniva a cessare un grande ramo di commercio «/siciliani; e istigalo poi da taluno della potente famiglia de’Falieri che ambiva al reggimento della patria, depose il Selvo e lo costrinse a ritirarsi in un monastero nel 1084. Durante il suo principato fu provveduto ad istanza di Papa s. Gregorio VI ^affezionatissimo alla repubblica (non mancarono però gravi disgusti fra il Papa e la repubblica perchè questa manteneva le sue buone relazioni collo scomunicato Enrico IV. Apprendo dal Rinaldi all’anno 1077, n. 63, che Papa s. Gregorio VII mandò a Venezia per legato Gregorio diacono cardinale, perchè assolvesse gl’ incorsi nella scomunica, per a ver comunicato cogli scomunicati. Inviò pure lettere al doge, al patriarca di Grado Domenico, ed a’ vescovi suoi suffraganei. Dipoi nel 1081 i veneziani inchinarono ad un accordo con s. Gregorio VII, domandando l’adempimento d’ una loro richiesta; il Papa si scusò di non poterla allora accordare, ma promettendolo peraltro tempo, salvando insieme l’onor veneziano e la giustizia), alla povertà cui erano ridotti i patriarchi di Grado, colpa la potenza persecutrice di que’d’Aquileia, massime dopo le feroci incursioni di Popone; avendo perduto, probabilmente per la poco buona disposizione degli ultimi imperatori verso i veneziani, le terre di loro pertinenza nell’Istria e nell’Italia. Il Papa avendo scritto al doge, vivamente raccomandandogli l’onore e la dignità di sede tanto rispettabile per antichità e sublime grado, Selvo raccolto nel 1 074 un grau concilio di vescovi suffraganei, di abbati, di giudici e di fedeli, invitò I’ adunanza a compire un atto già cominciato dal doge Contarmi , allo scopo di stabilire i redditi del patriarcato di Grado; laonde fu determinata la dotazione per quella chiesa , con contribuire ogni vescovo e monastero un annuo censo in denaro o prodotti naturali, altri de’ terreni, e il vescovo di Caorle assegnò una salina. Inoltre in questo dogado fu rinnovata l’antichissima chiesa di s. Jacopo di Rialto; e fu per lai." volta intonacata di musaico la ducale di s. Marco, anzi lo Stato personale dice compito l’edifizio nel 1071 nella magnifica forma che si vede. Ebbe Selvo sepoltura nel portico di questa basilica, ma senz’ alcun elogio. 7. ¡Vitale Faliero XXXII doge. È cognominalo deDonis, forse perchè a forza di doni e promesse potè corrompere il popolo a depor Selvo, e a far eleggere se stesso in luogo di lui nel 1084. Procurò peraltro con luminose azioni di cancellare tal macchia, e rendersi grato a’suoi concittadini.Continuava la guerra contro i valorosi normanni, e Alessio I Comnetio sollecitava il doge e i veneziani a non i-stancarsi nel somministrare aiuti, promettendo loro la cessione delle ciltà dalmate, e la conferma al doge del titolo di duca della Dalmazia e Croazia, con quello di protosebasto. Però trovo nel Romanin, che realmente il titolo di duca di Dalmazia era stato assunto da’dogi di Venezia, non così a lui sembra quel- lo di duca eli Croazia, che presero più tardi ; e da un documento prodotto dal Sansovino si legge : Nos Vitalis Pìiale-tro, Divinaegrahae largitale, Vendine et Dalmaliae. clux. Iu breve spazio di tempo i veneziani misero in tutto punto una flotta più dell’altre numerosa, e andati incontro a quella di Roberto Guiscardo la raggiunsero nell’acque tra Cor-fù e Butintrò, nella primavera 1 o85. La battaglia fu lunga, ostinata, crudele, ma i veneti riportarono la palma ; e tornati