»asioue de’francesi nella Germania, che deviarono molte truppe che Leopoldo I avrebbe potuto impiegare contro i turchi, nè i veneti poterono in tale regione fili- leva di gente. Erano venuti gli ambasciatori di Solimano III a Vienna per trattar di pace o di tregua, e colà ancora si portarono i plenipotenziari di Polonia e di Venezia; ma perché troppo alte erano le pretensioni delle potenze cristiane, nulla si concluse. I veneziani di Levante indeboliti, formarono il blocco di Napoli di Malvasia, città marittima della Morea, con azioni di valore, e benché le recassero notabili nocumenti, non poterono espugnarla.Sorpreso intanto il doge Mo-rosiui da febbre, impetrò di tornarsene a Venezia, e quivi sul finir dell’anno fu accolto con tutto l’onore, ma senza quegli applausi, che pure erano dovuti a conquistatore sì glorioso, non per altro che per l’infelice esito di Negroponte; qua-sichèil ineritodi tantebelleazioni si fosse perduto, per non averne fatta una di più. Iìasta, almeno ei riposò,e godè alcun poco del supremo onore conferitogli. In Ungile ria gl’imperiali presero l’importante tortezza di Zighet e altri luoghi ; ed in Dalmazia non si operarono cose notabili. Già Innocenzo XI era passato a ricevere il premio di sue sante virtù a’12 agosto 1689, 8'® a’6 ottobre nel giorno sagro a s. Ma gno era stato eletto successore il patrizio veneto Alessandro Vili Ottobo- 111 (^ •)>slat0 vescovo di Torcello e Brescia, abate di Vangadizza, ed in Roma u-ditore di Rota (istruito dal celebre Gio. battista Coccino veneziano, decano della Rota e uditore di sua nazione, e successe nell uditorato a Giorgio Cornaro veneziano quando fu fatto vescovo di Padova, per nomina della repubblica) per Venezia, cardinale e titolare della chiesa di s. Marco, ed inquisitore ossia della congregazione del s. Offizio, destinazione prima •1011 mai avuta da un cardinale venezia- l,0t e inutilmente bramata dal carditial 1 ederico Cornaro, il che rimarca Bru- soni. Inoltre osserva che fu datario, carica pure sino allora non mai esercitata da un veneziano, e che in luti’ i suoi diversi impieghi conservò sempre la stessa tenerezza per la sua repubblica, di cui sostenne le parti e promosse i vantaggi ovunque gli si presentava I’ occorrenza. S’impose il nome ili Alessandro Vili per fai- cosa grata a’suoi amati concittadini veneziani, onde rinnovare la memoria d Alessandro IH sempre loro piacevolissima,ed insieme per mostrarsi riconoscente al suo principili promotore cardinnl Chigi nipote d’Alessandro VII. Egualmente in memoria di s. Magno,tanto veneralo per le sue grandi benemerenze da’veneziani, e del giorno di sua esaltazione, fece battere le monete del testone e del doblone di 4 scudi d’oro coll'epigrafe: Die Nat. s.s. Magni Epìscopi Opitergii et Bruno-nix Anacliorelae, perchè anco di quest’ultimo in tal giorno si celebra la festa. Era allora ambasciatore della repubblica in Roma Giovanni Laudo, poi procuratore ili s. Marco, il quale contribuì con tutta diligenza per la sua elezione, dopo la quale portatosi a baciargli i piedi, fu accolto con tutta la svisceratezza di concittadino e l’alfetto di padre (poi il Papa lo creò Cavaliere dello Sperone d oro, come notai in quegli articoli); ricevendo le lettere pontifìcie indirizzate alla repubblica, ripiene dell’espressioni le più obbliganti d’amore e di tenerezza. A sentimenti di tanta bontà, non fu tarda a corrispondere la patria con atti di gratitudine, poiché oltre i pubblici straordinari segni d’allegrezza che ne diede, ap-pena conosciuto il suo innalzamento al Papato, incontanente onorò del titolo di procuratore soprannumerario di s. Marco e di cavaliere della stola d’oro il nipote Antonio Ottoboni patrizio veneto, già rettore di Feltre e di Crema, aggiungendovi il privilegio che tutti i suoi primogeniti discendenti avessero 1’ onore del cavalierato. Gli furono destinati 6 ambasciatori d’ubbidienza, acciò in pubbli-