nJrgna ricompensa alla costanza c fer-,uf,r.i sacerdotale ilei Barbarigo, di fatto lo insignì di due dignità , dando così una pubblico lezione alla repubblica di Yeneiia, mentre non cessava di soccorrerla con denari, altrettanto facendo coll’imperatore, per la corrente guerra. Altra memorabile impresa degl’imperiali in Ungheria fu la presa di Seghedino. Anche i polacchi ottennero felici successi sui turchi, sempre confortato il re Giovanni III dal Papa con cospicue somme, ed in piest'annocontro il nemico della cristianità il re si collegò pure con Pietro I il C, rande czar di Russia, coll’approvazio-ne d’Innocenzo XI, il che fortemente aumentò a Costantinopoli l’agitazione de’ turchi, e tanta fu la commozione,che in-»¡iettiti di tante gravi perdite, Maometto IV corse pericolo d’ essere massacra- lo, e per quietarne il furore riordinò l’e-conouiia domestica per impiegare il di più nella guerra, e fu costretto permettere la degradazione del muftì. Ma nell'anno seguente, ribellatosi furiosamente l'esercito il' Ungheria, dovette cedere il trono al fratello Solimano III, credendo che col mutar principe si cambierebbe incora la fortuna dell’impero. Nel declinar del 1686 Vittorio Amedeo II duca ili •Savoia si portò a Venezia per godervi il brillantissimo carnevale,'e ricevette dal venato tutti i maggiori attestali di stima * particolari festeggiamenti. Nel 1687 la petlileaza, che si dilluse nella Morea e quindi si propagò nell’armata de’ vene-nani, impedì non solo che a loro si unii-»ero le galee degli ausiliari, le quali preterirono di rinforzare la flotta di Dalma-«a, comprese le pontifìcie e quelle di Genova iu quesl’ anno procurate da luno-cenzo XI in aiuto de’veneziani, come at-tevta Muratori; uia che parimenti il generalissimo Morosini non dasse che alquanto tardi il principio alle operazioni «li guerra contro de’turchi. Non rimase però di fare anche in quest’anno de'nuo-vi acquisti ; dappoiché fatta la rassegna 551 delle truppe ch’erangli rimaste, e trovatosi avere 8,000 pedoni e4oo cavalli, ordinò che la flotta veleggiasse verso Patrasso , in vicinanza a’ castelli che tengono chiusa la bocca di Lepanto. Vi si era alla riva fortificato il seraschiere, ma nondimeno si operò lo sbarco in sito poco guardato. A’24 luglio presentò battaglia al seraschiere: l’avvedutezza e la bravura del Konigsmarck e delle truppe di Brunswick, die’ la vittoria a’ cristiani, compita dallo sbarco ordinato dal Moro sini di i5,oo persone. Sconfitti i turchi, abbandonarono il campo con tutta l’artiglieria, in disordine con precipitosa fuga verso il monte, dal quale il seraschiere mirava la battaglia. Nel medesimo giorno si conquistarono Patrasso, Lepanto e due castelli, piazze tutte abbandonate da’pascià vilmente, le quali potevano fare resistenza ili più mesi, ed essere il prezzo di molto sangue. Ritiratosi il seraschiere a Corinto, colà senza indugio il Morosini fece veleggiar la flotta,di cui non sostennero i turchi neppur l'aspetto, ritirandosi a Tebe, abbandonato il posto e disertato il paese. Alla presa di Corinto, chiave del regno, successe quella di Misitra, e di Atene che fece qualche resistenza. Il seraschiere si avvicinò per aiuturla, ma alla prima mossa del campo cristiano, istruito dalle anteriori scontine s’ abbandonò a precipitosa fuga, seguendo la capitolazione degli assediati. In Atene fu destinato provveditore straordinario Girolamo Delfino, e poi il Morosini ne asportò a Venezia i greci monumenti, co' marmi de’Propilei, co’ figurati ruderi del famoso Pireo, fra’quali primeggiano que’Leoni di marmo peri-lelico, collocati all’ingresso dell’arsenale di Venezia, e li descrissi nel § XIV, 11. 4 = ivi altre memorie del Morosini essendo il pilo di bronzo di fronte alla porta, fuso nel i6g3,che rammenta i suoi trionfi, con emblemi allusivi alla religione e marittima potenza della repubblica. Inoltre la porta d’ingresso del medesimo ar*c-