cedendo indulgenze ed ecclesiastici privilegi, superiormente ricordati. Indi nel concilio tenuto in Iioma nelio53 il Papa decretò: Ut nova Aquileja (ossia Grado) lotius Veneáae et li trine caput et metropolis perpetuo haberetur: Foroju-liensis vero antistes tantummodo fini-bus longobardorum esset contentus. Non trascurò il doge d’inviar legali nelioSf) all'imperatore Enrico III, nelle persone di Domenico Selvo o Silvio, che gli successe, e di Buono Dandolo, per ottenere la solita l'innovazione de’ patti antichi, per conservare quanto nel regno Italico possedevano i veneti. Malgrado poi che la crescente fortuna de’bellicosi normanni nella Puglia e nella Sicilia disturbasse troppo il commercio de’ veneziani in tutta l’Italia meridionale, e minacciasse di sturbarlo anche sul mare , il doge mantenne la pace nell'interno; e dopo essersi reso beftemerilocoU’edifiziodella basilica Marciana, e di aver con altri innalzalo un tempio e un monastero sul Porto del Lido, detto anticamente Porlo di Venezia odi Rialto, e poi celebre col titolo di s. Nicolò di Lido, finì di vivere neh 070, ed ivi volle esser sepolto, nella facciata esteriore erigendosi il monumento, non mancando altre pubbliche di mostrazioni di attestare la sua pietà. —• Domenico Stivo XXXI doge. Nel dello 1070 fu eletto con unanime consenso dal popolo nella chiesa di s. Nicolò di Lido, e acclamandolo con queste parole: Voletno dose Domenico Selvo et lo laúdenlo. Rifiutando Selvo il supremo onore, fu con entusiasmo preso da’nobili e e in alto sollevato, affinchè tulio il popolo lo salutasse suo principe. Indi fu condotto alla spiaggia e in apposito naviglio accompagnalo fino alla chiesa di s. Marco, dove fra’sagri cantici ricevette il vessillo nazionale e l’insegne ducali. Il nuovo doge per ¡stringere maggiormente l’amicizia tra’ veneziani e i greci , prese a moglie Teodora o Calegona, figlia di Costantino X Duca imperatore, morto nel P. II. 65 1067, o come altri vogliono sorella di Niceforo Botoniate salito poi all’ impero nel 1 078. La principessa giunta in Rialto, tutti sorprese col lusso e colla pompa regia del suo equipaggio, e colla mollezza del vivere. Le sue stanze olezzavano d’odori i più squisiti, e perfino facevasi porgere in bocca dagli eunuchi le vivande, non volendo essa in ciò affaticarsi: inselli ma a tanto giunse la sua delicatezza,che venutoleschifosissimo morbo,che a brani a brani lacerava lesuecarni, moli in breve. Erano 7 anni circa dacché il doge placidamente reggeva , quando i normanni audaci e cupidi di conquiste, metlendo sossopra le città della Dalmazia per trai le al loro partito, costrinsero i veneziani a far loro opposizione. Laonde il doge allestita una flotta, ne prese ¡1 comando e andò ad affrontarli. Al solo appressarsi delle forze veneziane, o che seguisse navale combattimento, ritiratisi i nemici dalle coste della Dalmazia, potè il doge rinnovare co’dalmatini gli antichi patti, facendosi promettere che non a-vrebbero più relazione co’norinanni. Ma questi ardili continuando ad essere molesti, e rivolte le loro armi anche contro l’impero d’Oriente, e stretta Durazzo d’assedio, l’imperatore Alessio 1 Comne-no nel 1 o83 ricorse per aiuto a’veneziani. Il doge si pose alla lesta di più numerosa e ordinata armata, e co’greci marciando controi normanni, successe una delle più sanguinose e illustri battaglie, sostenuta con felice esito da’ veneti; i quali unirono al valore molta arte, specialmente u-sando certi ordigni adoperali con indicibile veemenza a perforare la nave ca> pitana del nemico, che rimase con quasi tutto il carico dall’acque ingoiala. Non per questo avvilitosi il prode Roberto Guiscardo loro comandante e duca di Sicilia, di Puglia e di Calabria, ma raccolta tutta la dispersa flotta, e fatte venire altre navi da llalia nel seguenteio84, o come altri vogliono nel io85, attaccò con tal impeto quelle de’ veneziani e de’