5^0 trui. Pel felice scioglimento di quell’ assedio non si può dire quanta allegrezza si diffondesse in tutti gl’ italiani, ben conoscenti le ten ibili conseguenze che avrebbe pol lato seco la perdila d'isola tanto forte e si vicina alle contrade d’Italia. In Venezia precipuamente immensa fu la gioia, vedendo cosi salvate l’isole Jonie, ed i possedimenti di Dalmazia e Albania. Dopo lale ritirata de’turchi, la flotta veneta riconquistò s.Maura eButintrò.Nè qui terminò il comun giubilo de’fedeli, poiché a’ i3 ottobre l’invitto principe Eugenio s’impadronì della ben munita città di Temeswar, che da 160 anni gemeva sotto il giogo turchesco ; e tenne dietro l’acquisto di altri ragguardevoli luoghi di quel banato. Clemente XI a rimeritare il principe trionfatore, gl’inviò lo Stocco e Berrettone ducale benedetti, co’più magnifici elogi. Adirato A eh me t III dell’avversa sorte,sperò nel venturo anno di riparare i danni sofferti, al qual fine v’impiegò tutto l’inverno per adunare un potentissimo esercito, a cui da gran tempo non s’era veduto l’eguale. Dal canto suo anche Carlo VI notabilmente rinforzò le sue armate in Ungheria, inferiori senza paragone nel numero a’nemi-ci, ma ad essi superiori in disciplina militare e in coraggio. Minore non fu la vigilanza della repubblica veneta, per aumentare le sue forze di mare. Loro som-ministrò Clemente XI la squadra delle sue galee, con quelle di Malta e del granduca, le quali siccome appartenenti alle religioni equestri Gerosolimitana e di s. Stefano I, i Papi vi esercitarono la loro autorità a bene del cristianesimo,finché esisterono le ragguardevoli loro marine militari.Ottenne il Papa nuovamente dal re di Portogallo 11 grossi e ben corredati vascelli. Anche Filippo V re di Spagna fece credere d’inviare in soccorso de’veneziani 16 vascelli, che poi si scoprirono destinati ad altra impresa, per ritogliere all'imperatore il regno di Sardegna, come eseguì. Tardi però giunsero gli ausiliari ad unirsi alla flotta veneta, la quale pei. ciò sola fu obbligata a sostenere tutto il peso della guerra nel 1 7 17 ; e ciò non o-stante s’impadronì della Prevesa.di Vo nizza sulla costa d’Epiro,e d’altri luoghi già occupati da'lurchi. Nel maggio e poi nel luglio vennero i veneti alle mani co’ nemici , e si combattè con grande effusione di sangue e valore d'ambe le parti, ma senza fatti decisivi. Però pe’ veneti riuscì gloriosa la pugna all’ altezza di Lerano a’ 16 giugno,comandata da Alvise Flangini che vi perdè la vita, e così l’altra poco dopo avvenuta nell’acque di Capo Matapan diretta d’Andrea Pisa, ni capitano generale. Tanto almeno si guadagnò, che l’orgoglio de’turchi restò depresso, e precluso ogni adito agl’infedeli per far nuove conquiste contro dei veneti. Più splendido fu l’esito dell’arrai imperiali in Ungheria, guidate dall’impareggiabile principe Eugenio, il quale animoso posto assedio a Belgrado capitale della Servia,che sembrava inespugnabile, fu preso in mezzo da uno sterminato esercito di turchi; però non senza manifestò divino aiuto, a’ 16 agosto disfece compiutamente l’esercito con insigne vittoria e immenso bottino,e nel dì seguente ebbe la città per capitolazione; indi Semendria, Orsnva e altre piazze furono abbandonate da’turchi. Ma nello stesso mese la Spagna all’improvviso, colla flotta promessa per combattere il turco, occupò l’isola di Sardegna, da’trattati ceduta all’imperatore, in onta della garanzia fatta dall’innocente e virtuoso Clemente XI, che ne restò amareggiato ed esposto al risentimento di Cesare, insospettito da’ministri che andasse d'accordo cogli spagnuoli. Intanto dopo la perdita di Belgrado era entrata la costernazioue nel divano d’Achmet III, ondequesti cominciò a muover parole di pace, essendo in apprensione per le vittoriose armi imperiali, ed in mare vedersi attaccato con qualche successo da’veneziani. Pertanto il sultano incaricò a trattarla Gioigio