36i vani dame, di gentiluomini e di maschere. Venuta la notte, ponevansi in ¡schiera 36o uomini de’priucipali delle ai ti, portando ciascuno un gran piatto d’argeuto traboccante di confezioni : ed accese i oo torcie, tenute da altrettanti giovani vestili di seta, uscivano i detti uomini in piazza, preceduti da’ mazzieri loro, e accompagnati da 25gentiluomini vestiti di velluto nero, a far mostra al popolo delle confezioni, nelle quali stava la colezione che il doge, per antica usanza, dar dovea in quell’occasione alle congregazioni delle arti. Intanto nel cortile dei palazzo un fuocoartificiatoiuterteneva piacevolmente la moltitudine,e lautamente dalla principessa e dalla sua corte cenavasi nell’altra sala, chiamata del Pregadi. Poi le danze incominciavano, e con queste, e con corse di tori, e con regate novelle, con-tinuavasi il sollazzo per due altri giorni, dopo i quali recatosi il doge a ringraziare le congregazioni delle arti, ritornavano quelle finalmente a’ loro quartieri”. Non lascia d’interessare l’eguale racconto fatto dal Casoni, ma breve e non del tutto e-salto. A tanta giocondità subentrò ben tosto, oltre i rumori di guerre che poi dirò, lutto e mestizia; poiché la bella Venezia circa il i558 venne afflitta di peste, flagello che a que’ tempi, causa le continue e inevitabili corrispondenze co’ paesi o-rientali, facilmente riproduce vasi in essa ; ma questa volta poche ne furono le vittime, che essendo malattie contagiose petecchiali, il zelo e l’attività del provveditore Paolo da Mosto valsero, quasi argille, ad impedire la maggior propagazione del morbo. Se non che quello non dile-guavasicheper dar luogo alla fame,solita conseguenza della 1 ."¡altura, e colpa il terrore che allontanava gli abitatori della Terraferma da ogni pietica colla città. Vennero tosto aperti i tesori dello stato e la popolazione ebbe ampio soccorso. —■ Prima che Carlo V avesse compito il eia moroso ulto della rinunzia, avea tentato d’avviare i preliminari di pace con Enri- co II, e mostrando eguali disposizioni il figlio Filippo II, a’3 febbraio i 556 v, gnavasi la tregua; ma Paolo IV pe, |e precedenti convenzioni con Francia n ’ motivi ripetutamente narrati altrove ilei propugnare colla storia il virtuoso eca-lumnato gran Pontefice, per le traine degli ambasciatori imperiale e spagnolo venuto in rottura colla Spagna, cacciò dallo stato papale i Colonnesi per le loro diverse ribellioni, e quali capiparte della fazione spagnuola, e ne confiscò i beni conferendo il feudo di Paliano al suo nipote, quindi fu spinto alla guerra con sUa ripugnanza, collegandosi con Francia eil duca di Ferrara. Di tutto il Papa facendone consapevole la signoria, per l’oratore Bernardo Navagero, volendo procedere co’ piè di piombo, a imitazione del governo veneto, come si deve fare nelle cose di stato, cercandone però l’unione, come quello che per la la nta parte che possedeva d’Italia un dito suo solo farebbe andar giù la bilancia dal lato die si ponesse, non senza promesse di terre in Puglia e forse pure la Sicilia ; il regno di Napoli e il ducato di Milano dovendosi dare a’due figli minori d’Enrico II. La repubblica volle conservarsi in pace e neutrale, dubitando che Paolo IV potesse riuscire a liberar 1’ Italia dall’ eccessiva dominazione spagnuola, coinè erasi proposto. I veneziani si limitarono a buoni ullizi, non volendo avvilupparsi in nuove briglie guerresche, ad onta de’dissapori die correvano da più anni con Carlo V e Ferdinando I, a causa degli uscocclii, tribù d’origine slava sparsa nell’ 1 Ìliria, Croazia e Daluiazia, famosa per le piraterie nell’Adriatico, sebbene cattolica ; nuova specic di pirati che sotto pretesto di molestare i turchi e gli ebrei, uscendo da recessi iuo-spiti e da’piccoli porti dell’Istria, ma specialmente da Glissa considerata anticamente inespugnabile,donde discacciati da turchi verso ili 54-0 ripararono a Segntt, che divenne loro formidabile piazza d almi e nido ordinario; davano non poca