lerininare più presto un affare ili tanta ponderazione si gridò tumultuariamente: Ai voti,ai voli, perchè si proponesse la deliberazione. Così fu fatto. Essa era già preparata^ conteneva : » Il sommo oggetto di preservare incolumi la religione, le vile e le proprietà degli amatissimi abitanti di Venezio,aver determinato ilMaggiorCon-siglio alle risoluzioni deli.0 e de’4 maggio, colle quali avea concesso a’suoi deputati pressoNapoleoneBonapartele facoltà opportune a conseguirlo. Ora però conoscere con amaro senso il complessodi più urgenti circostanze.Quindi nel conforto di sperar garantiti tali essenziali riguardi e con essi quelli troppo giusti verso la classe patrizia ed altri individui partecipi delle pubbliche concessioni, sperando anche fosse assicurata la solidità dellaZec-ca e del Banco; per queste considerazioni il Maggior Consiglio fermo e coerente alle risoluzioni predelle, anche in prevenzione de’riscontri de’suoi deputali, adottare il sistema del proposto provvisorio governo rappresentativo, sempre che con questo s’incontrassero i desideiii di Botia-parte. Ed importando che in nessun momento restasse senza tutela la patria comune, si sarebbero frattanto prestate a quest’oggelto le rispettive competenti autorità ’.Si passò disordinatamente a raccogliere i voti, e la proposizione fu sanzionata da 5i2 voti, con soli 20 negativi e 5 non sinceri o bianchi. Dicevasi nel decreto che, visto la necessità di provvedere al mantenimento della religione, della vita e delle proprietà di tutti gli abitanti degli stati veneti , verrebbero confermati i poteri conferiti il i.° e 4 ma88'° a’deputati del senato per raggiungere sì importante scopo; e che dietro i rapportiprecedenti de’medesimi deputati, veniva dal Maggior Consiglio adottato il sistema proposto d’un governo rappresentativo interinale in quanto si trovasse esso in accordo colle viste del generale in capo dell’armata francese in Italia. Presa la risoluzione, nel separarsi tumultua' 655 riamente 1’ assemblea , mentre l’antico governo trovossi del tutto abolito, senza che nulla gli fosse stato sostituito, vi fu chi da una finestra della sala del consiglio sventolò un bianco lino. A questo e-quivoco segnale, alcuni patrioti! radunati sulla vicina piazza di s. Marco esilila riva degli Schiavoni, gridarono: Fivaia Libertà! All’opposto la moltitudine che nell'inquietudine degli animi avea tratto in detti siti, come più prossimi al palazzo ducale, attaccata sempre all’antico governo, gridò: Piva s. Marco! credendo essersi stabilito di opporre una popolare difesa agli assedianti francesi. Essa a mezzo di 20 schiavoni restati alle porle del palazzo e di alcuni gondolieri, inalberò subito sulla nominala piazza in uno de’ 3 pili la nazionale bandiera di s. Marco, come ne’giorni solenni vi sventolavano gli stendardi; il terrore comunicandosi via via giunse sino all'ultime località della città, la quale tosto fu tutta in tumulto. Al commovimento e al frastuono vennero di nuovo sbarcale alcune centinaia di schiavoni e croati, e mescolati col popolaccio, si misero a danzare intorno alla bandiera, salutandola e gridando a crepa gola: Evviva s. Marco! Con colpi a pialto di sciabola richiamavano severamente i patriolti e altri astanti a levarsi il cappello, e rinnovar l’ossequio al ripetersi di loro grida. Crescendo la folla nelle vie a-diacenti, scagliavano imprecazioni contro i sellali Giacobinie Muratori (F .),men-tre acclamavano il patrono della loro repubblica, facendogli eco la stessa truppa ad alta voce, anche con voti per la conservazione del doge loro principe. Dall’entusiasmo deH’acclainazioni, si passò a-gl’insulti de’conosciuti settari e patriolti, quindi a gravissimo tumulto, quando si seppe la risoluzione del maggior consiglio. E come in simili casi suole accadere, cogli odiati novatori furono confusi i sospetti ed i privati nemici. Seguì il saccheggio di molte loro case e di quelle de’ vicini con furore, sotto prelesti difleren-