738 giunto a Parigi, fu ben ricevuto da Napoleone. Durante il lavoro di sua statua, Napoleone leggeva o diverlivasi a celiare colla moglie Giuseppina, o parlava di cose politiche coll’artista. In uno di questi colloqui cadde il discorsosul rapimento de’Cavalli di bronzo, che ornavano la facciata di s. Marco, e sfuggirono di bocca a Canova tali parole: » La distruzione di questa repubblica m’affliggerà per tutto il tempo della miavita”. Il primo console non mostrò di aver fatta attenzione al lamento del veneziano; ma ordinò che fosse trattato colla maggiore cordialità. Gli artisti e gli scienziati lo festeggiarono. Canova poi partì da Parigi, con l’istruzione di fare la statua nelle proporzioni dellJErcoleFarnese,cioèalta i opal-mi. L’eseguì in forme colossali, prima in marmo, indi in bronzo, e giuoco dell’incostante fortuna, il i.c passò poi a Londra, il 2.° a Milano. Provaronoi fatti, che in quella statua egli non comparisce il Canova di Rezzonico e di Ganganelli; è il Canova di Bonaparte, distruttore della repubblica veneta I E' il pensiero, che anima il genio e l’immaginazione, e fa sublimi la penna, il pennello, lo scalpello! — PioVI I nel concistoro de’ i ^gennaio 18o3, dichiaròa’cardinali nell’allocuzione.» Per quello poi risguarda i veneziani, affinchè nell’aumentare il numero de’cardinali dell’estere nazioni venga l’onor loro considerato, e al vostro numero venga aggregalo un veneto patrizio, che appellano figlio di s. Marco, il cui onore hanno avuto sempre in considerazione nelle loro promozioni i Pontefici nostri predecessori, a motivo degli antichi meriti de’ veneziani versoquest’apostolica Sede, voi ben comprendete, venerabili fratelli, che con molto più di ragione lo stesso dee farsi da Noi, che tra le altre cose da Noi considerate nell’attenerci a questa costumanza de’ nostri predecessori, abbiamo ancora questa di particolare, che Noi nella nostra comune dispersione ne’più scabrosi tempi della Chiesa, per benefizio dell'augustoCcsare siamo stati accolti nella nobile città di Venezia, come in un sicurissimo porto, affinchè provvedessimo al gregge cristiano privo del suo Pastore; che ivi a questa sublimità di onore, benché immeritevoli, siamo stati innalzati co'vostri suffragi, e che ivi abbiamo ricevuto da’veneziani tanti pegni d’amore, di ossequio e di riverenza, che il rammentare que’tempi sarà sempre cosa giocondissima e per Noi e per voi. Tanto più volontieri adunque in testimonianza della nostra gratitudine abbiamo decretato di ascrivere al vostro collegio l’ottimo prelato Pietro Antonio Zorzi (nato nel castello di Novegradi diocesi di Zara) dell’ordine de’chierici regolari della congregazione somasca, arcivescovo d’Udine, che Noi abbiamo giudicato degnissimo di essere sublimato a questo grado di onore”.— Narra il Coppi a detto annoi8o3, che il Veneziano ricevette dal governo austriaco alcuni regolamenti. Esso fu diviso in 7 provincie di cui furono città capitali: Venezia, Udine, Treviso (ove morì il duca di Modena Ercole III), Padova, Vicenza, Verona e Bassano; e fu stabilito che ognuna di esse avesse un capo col titolo di regio capitano generale, e colle attribuzioni d’invigilare all’ amministrazione ed alla polizia. Furono similmente ordinati tribunali temporanei, fintantoché non fosse compiuto il nuovo codice civile e criminale, che si era divisato di compilare pegli stati austriaci ereditari. A’ 20 aprile 1804 giunto in Venezia l’arciduca Gio. Battista, fratello dell’imperatore , impiegò più giorni ad ammirare quanto di raro, di straordinario e di bello la città racchiude; festeggiato con mascherate danze al teatro della Fenice, con uno splendido corso di barche nel Canal grande, e coll’addobbamento delle Mercerie da’cittadini; e dal commissario plenipotenziario conte di Bissingen, con una cantata posta in musica da Pavesi. Visitò poi le provincie, ricevendo da per tutto dimostrazioni di venerazione, e di