neziani nelle arti e in quella di fondere. Battè poi a Taranto anche i saraceni, e ricco di schiavi e di legni tornò in patria. Lunga e seria contesa ebbe a soffrire con Marturio patriarca grádese, che non volle consagrare in vescovo di Torcello l’evirato, per eccesso di malintesa pietà, monaco Domenico Caloprino protetto dal doge, vietando la disciplina ecclesiastica l’ordinazione degli Eunuchi; contesa che finì coll’avere Vittore Partecipazio figlio del doge e patriarca successo a Marturio consagrato, sebbene con aperto dissenso (ad onta che a tal patto giurato avesse ottenuto la dignità, preso da rimorso per violare i sagri canoni, nell’atto della ceremonia con amare parole lo rimproverò e l’invitò a far penitenza se non voleva esser condannato nel dì del giudizio. Si era interposto Papa Giovanni Vili a favore del virtuoso Mar-turio), il Caloprino, che già godevasi intanto tutte le rendite del vescovato. Ma i saraceni di nuovo turbando la pace delle venete Lagune avevano stretta d’assedio la città di Grado nell’878 circa, respinti da’ prodi abitanti. Molte navi fece approntare il doge e ne affidò il comando al suo figlio Giovanni, il quale sì valentemente portossi in quest’ incontro, facendo ritirare i nemici (passando a saccheggiar Comacchio), che per premio fu dalla nazione associato al padre suo.Proibì rigorosamente in seguitoOrso a’ veneziani il traffico infame degli schiavi cristiani, che vendevano a’corsari saraceni o schiavoni, e questo editto fu da tutta la conclone confermato. Indi armate 3o navi tornò in persona sul mare contro gli slavi e croati invasori dell’Istria, e rimasto vittorioso, restituì generosamente quanto aveano essi rubato a quelle chiese, e i prigionieri rimise in libertà ; e similmente contro i narentani altra gente fu dal doge spedita a incrocciare sulle loro coste, e tenerli in freno. Cospiravano in fine ambedue i dogi all’abbellimento dell’isole, alla felicità de’ St popoli, all’ ingrandimento del veneto commercio, quando Orso assai vecchio venne a morte nel 17." anno del suo governo, e di nostra salute 881, ed ebbe onorevole sepoltura nella chiesa di s. Zaccaria; fu pianto e lodato per saggezza, pietà e amor della pace. —- Giovanni li Partecipazio XFdoge. Rimasto solo sul trono nell’881, pensò all’incremento della propria famiglia, e per aggrandirla si rivolse a Papa Giovanni Vili chiedendo la contea di Comacchio (F.), la quale fiorente per commercio, ed essendo circondala dalla Laguna come Venezia, temeva pure che per Marino d’Este che la possedeva potesse farsi potente sull’Adriatico, ed emular Venezia, con divenire pericolosa rivale. A quest’oggetto spedì a Roma Badoaro Partecipazio fratei suo, ed ottenne l’investitura e il possesso della contea. Avendo ciò saputo Marino, mentre Badoaro tornava da Roma, lo fece sorprendere da’suoi. Badoaro, quanto potè si difese, ma rimasto gravemente ferito in una coscia, e condotto a Rialto morì poco dopo. Giovanni montato iti ira radunò poderosa flotta, volò ad assalire Comacchio, e la fortuna gli arrise perchè sottomise quelle genti al veneto impero; anzi non contento di ciò passò nel Ravennate, ne fece saccheggio, senza che nè il Papa nè l’imperatore Carlo III il Grosso facessero rimostranze, per le turbolenze de’tempi.Trovandosi poco dopo l’imperatore in Mantova nell’883 rinnovò col doge Giovanni gli antichi trattati pe’quali fu resa più sicura la quiete e la libertà de’ pascoli in Eraclea e io Capo-dargine, protetta la navigazione de’ veneti per tutti i fiumi del regno Italico, esentate le merci proprie del doge da qualunque gravezza. Giovanni intanto in mezzo alle guerre e molestie che turbavano Italia, assai bene regolava l’interne cose del suo dominio; ma gravemente caduto malato, permise che Pietro Partecipazio fratei suo lo aiutasse nella ducea, e doge fosse acclamato. Se