I 62 caccio). Ed ivi da improvvisa morte fu colpito a’ 18 luglio o 28 agosto 1374. con dolore vivissimo di Francesco I e di tutta Padova. Ne furono chiuse le scuole, ed il suo signore, il vescovo col clero, i maggiorenti, i dottori e gli studenti con immenso popolo recaronsi in Arquà a celebrar l’esequie di quel grande. In Arquà si mostra ancora la sua casa e il suo sepolcro sostenuto da 4 colonne, e visitalo continuamente da’ forestieri. Riuscita così la repubblica con tanto vantaggio dalla guerra Carrarese, accettò Ce-neda nella sua protezione, e volse la Diente a quelle trattazioni diplomatiche, che formarono sempre lo scopo principale di sua politica, diretta ad ampliare ognor più la prosperità de’suoi commerci. Mandò ambasciatori in Portogallo, in Inghilterra, al Cairo, a Verona. Sostenne sempre inconcussi i diritti di signoria sul golfo Adriatico, poiché avendo in quello gli anconitani predato alcuni legni, la repubblica intimò ad essi di restituirli, o sarebbero trattati da nemici,rimproverando aspramente il fatto come insultante al diritto di protezione del golfo da essa acquistato con tante spese, tanti sforzi, tanto sangue. Nello stesso tempo intimava a quelli di Fermo ed Ascoli non tenessero barche nel golfo; ed a Gregorio XI, che voleva intromettersi e che insisteva sulla libertà del mare (in questo tempo il Papa concesse a chi visitava l’altare di s. Ciriaco della cattedrale d’Ancona, a’4 maggio e per tutta l’8.a, l’indulgenze stesse già accordate da A-lessandro HI alla chiesa di s. Marco di Venezia; confermando agli anconitani il privilegio loro conceduto da Innocenzo IV, che sulla costa dell’Adriatico nessun porto si formasse a danno del loro commercio), rispondevasi da’veneziarn,quanto altre volte aveano dichiarato: Non a-vere Venezia nè campi nè vigne, dover essa tutto ritirare dal di fuori; chiunque volesse molestare o impedire ad essa la via del mare, da cui dipende il suo ap- provigionamento e il suo commercio, sarebbe come toglierle la vita; ricordava i benefizi derivati dalla sua protezione del golfo contro nemici e pirati fino dagli antichissimi tempi, onde giustamente alla repubblica spettare il diritto di continuarne la custodia. Gli anconitani si rassegnarono, e i veneziani riguardandosi come padroni assoluti del golfo, non per solenni trattati, uia sulla propria forza e sulla preponderanza marittima, non ne permettevano il transito se non con ¡speciale licenza. Frattanto Gregorio XI, volendo por fine ad una specie di vedovanza in cui languiva la Chiesa romana, per la residenza papale fuori del suo luogo naturale trasportata , a fronte delle più grandi opposizioni, circa il 13^5 annunziò la sua partenza A’Avignone e dal Venaissino. Attenta sempre la repubblica nelle dimostranze di rispetto e di onore verso la s. Sede , apparecchiò 5 galee e le pose a sua disposizione, come scrisse al proprio segretario Tommaso Bonincontri, che trovavasi presso il Papa in Avignone. Dice il Morosini, che fu scelto a capitano Giacomo Moro procuratore, e destinati 12 ambasciatori perchè nel viaggio onorassero e servissero il Pontefice , ma per allora fu differita la partenza. Per non ritornare su questo argomento e perchè si collega colle memorabili conseguenze, qui dirò che Gregorio XI s’imbarcò a Marsiglia a’12 ot-tobrei376 sulla galea appositamente costruita dagli anconitani, grande e ben a-dorna, sontuosamente corredata, affidandone il comando al nobile e valoroso ser Nicola Toriglioni ammiraglio, accompagnato da due ambasciatori, altri due inviandosi a Ostia per riceverlo. Il Papa creò conte del castello di Cassero il Toriglioni , e in più modi si mostrò grato e benefico cogli anconitani. Tanto affermano i patrii storici Peruzzi e Leoni, però discrepanti sul giorno che il Papa montò sulla galea, cioè a’ i5 settembre o a’2 ottobre. 11 Novaes dice a’12 otto-