438 primi ebbero la gioì ia a rivolgere l’ot* tico cougegno all ingrandimento dell’u-luauo SBpere, chiamandolo col più proprio vocabolo che porta tuttora. Le benemerenze de’Lincei Stelli it i, Fabro Colonna e altri sono rilevate egregiamente nella Lettera del prof. Proja, che Cesi li chiama principi de'Botanici, celebrando dottamente \’ Apiario, col quale,illustra lido a un tempo lo stemma di Papa Bar-berilli, insegnarono al mondo i primi prodigi della Microscopia, che oggi utilmente serve a disvelare la sede de’nostri morbi e (’alterazioni del nostro organamento. Dimostra inoltre che l'Apiario è patentemente un lavoro di storia naturale; come il Saggiatore di Galileo dice rivelare il filosofò profondo e lo scrittore arguto, il leone che rugge e non il cane che morde. Così urbanamente da par suo ragionò de\\'Apiario, migliorando il da me detto con altri, e rettificò pure quanto eziandio con altri dissi del Saggiatore. Anzi m’insegnò, che del famoso musaico di Palestrina, del cui ultimo decoroso restauro parlai nella biografia d’Urbano Vili, che in origine fu rinvenuto e illustrato da 3 accademici Lincei, cardinal Francesco Barberini, Federico Cesi e Cassiano del Pozzo, il che genericamente io avea detto nell’articolo della città ove si ammira (e sul quale ora è stato pubblicato: Osservazioni sul musaico di Pale strina di d. Sante Piera lisi biblioteca-rio della Barberiniana, Roma 1858 con 6 tavole. 11 dotto e modesto autore volle intitolare Osservazioni, ciò eh’ è una dotta ed eruditissima monografia, tanto copiosa e pregevole, che contiene quanto importa conoscere intorno al famoso musaico Prenestino, onde meritò che nedas-se importante contezza e singoiar lode la Civiltà Cattolica, serie 3.*, t. io, p. 74« e seg.). Egualmente mi avvertì, che mg.r Giovanili Ciampoli, illustre Linceo, fu anche segretario de’brevi a’ principi di Gregorio XV, ma io già Cavea detto tale yel voi. XL1X, p. 51. — Frattanto Co- simo li granduca di Toscana invidiava a Venezia e Padova , fatti campi di glo,,, scientifica e immortale di Galileo, «m gli auspicii generosi della repubblica v ueta, e lo bramava vivamente in Fuen-ze. Dispiaceva al senato la perdita d un uomo di tanto merito, che non lasciiv, occasioni per onorarlo e fargli conoscete in quale eminente conto il tenesse: mi quel dulcis amor patriae e quel duini videre suos, prevalse in Galileo a quell'affetto e gratitudine che nudrivn pe’veneziani. 11 desiderio di rivedere lapalna, i parenti, gli amici, le sollecitazioni frequenti del granduca, l’ indussero ia fioe a muoversi da Padova circa il fine d’agosto 1610, consentendo il senato dopo non poca ripugnanza e di mal cuore. Preceduto dalla fama di tapto utili e peregri-nescoperte ili meccanica e di astronomi, venne accollo in Firenze con vivissimodc-siderio, ricevuto da Cosimo 11 onoratamente, creato suo matematico straordi nario e colmato di favori; e quivi fece vedere tutti i nuovi spettacoli del cielo, con plauso degli ammiratori. Ma gli e-muli suoi ancora non paghi d’averlo tenuto 18 anni lungi da Toscana, e di a-verlo fatto segno ad ogni maniera di letterarie e personali calunnie, cominciarono nuovamente a perseguitarlo. Tosto si avvide il grand’uomo quanta diversità passasse fra il soggiorno di Firenze, e quello libero di Padova e Venezia, privo dello scudo potente del senato. Onorato da questo in Venezia , e stretto co nodi dell’amistà con molti senatori de più cospicui, le sue opinioni in quella repubblica non gli facevano correre alcun rischio. Nè furono minori le vessazioni alle quali fu esposto per le sue dottissime e lucubrazioni sui pianeti Medicei, le qui" diedero gran materia di discorsi a IÌIoskI* e astronomi di que’tempi, molti de qua 1 stimarono delirii, financo colle stami Nè mancarono de’cosi pertinacie o^"11 ti, temendo di commettere sacrilegio cu» tru la deità del loro Aristotile, di cim“1