aienti che 1J accompagnarono. Il figlio piegò il padre pel suo ritorno, e questo gl’ ingiunse ubbidienza e rassegnazione. Partito Jacopo per la Canea, non lasciò il doge d’adoperarsi in suo favore, ed altri si maneggiavano a ottenergli grazia, qnando giunse notizia che a’ 12 gennaio 14^7 1° sventurato era morto in carcere di cordoglio, lasciando li figlio Nicolò e due figlie. A tanto colpo non potendo resistere il vecchio doge ; aggravato dal dolore e dal male , si trovò impotente d’attendere alle cose dello stalo. Il consiglio, essendo uno de’capi Jacopo Loredan, considerando i gravi inconvenienti che ne derivavano dall’incapacità a cui era ridotto il doge, a provvedervi chiamò l’aggiunta di 25 nobili, e fu una u-surpazione di potere del consiglio de’ Dieci, che altre volte ancora si permise, poiché dovevasi procedere co’6consiglieri del doge e il maggior consiglio. A’ 21 ottobre i capi presentarono una proposizione mista d’ acerbezza e di blandizie, colla quale dimostrandosi gl’inconvenien-ti gravi che derivavano per tenersi il doge lontano dal governo, l’inabilità a cui era giunto per l’età decrepita, s’invitasse per la sua grande carità verso la pairia a rinunziare spontaneamente , col-l’avvilitivo assegnamento annuo di i5oo (o 2000) ducati d’oro. Dover dare la risposta nel dì seguente all’ora di 3.a Si recarono dunque i consiglieri ducali e i capi del consiglio al doge e riferirono la deliberazione de’Dieci. Fu incaricato Jacopo Loredan, siccome il più eloqueute e che mollo accomodamente parlava, il quale esposta ch’ebbe la sua missione, incolpandone la sola vecchiezza e infermità del doge, la sua passala vita aver onorato la patria, e poi gli chiese perdono (Diee il prof. Romanin, questo conforto e questo parlare non combina punto colla vendetta della morte del padre e del zio e con quel famoso registro: l’ha pagata. Egli incliua a credere il Loredano un rigoroso osservator delle leggi, sul far a 17 di Catone, piuttosto che un nemico personale del Foscari). Rispose il Foscari, fra le altre cose, non volersi decidere nè al sì nè al no, ma conservare la propria libertà. Per le quali altre cose, si hanno certo ad intendere le proprie giustificazioni e il richiamo a quelle leggi che la deposizione d’un doge facevano dipendere da’sniFragi de’consiglieri colla maggior parte del gran consiglio. Riferita nel dì seguente la risposta, sorsero varie opinioni, e prevalse la già decretata, cioè che dipendeva dal loro consiglio la destituzione del doge, dover egli rinunziare, e nel termine d’8 giorni uscire di palazzo, col detto assegno a vita, e pena di confisca di tutti i suoi beni se rifiutasse ubbidire. L’intimazione fu falla nella mattina appresso 2 3 ottobre 1457, e il vecchio Foscari dovette ubbidire, e fu deposto; trattogli quindi I’ anello ducale di diio fu spezzato alla presenza de’ consiglieri e de’capi, gli furono levati il berretto ducale e il fregio d’oro di testa, ed egli promise d'uscire di palazzo e di restituirsi alle case sue a s. Pantaleone. Nel dì seguente 24 ottobre partì dal palazzo, volendo scender la scala per la quale a-scese al dogado. » Così il vecchio doge in età d’84 anni, dopo tante vicende di letizia e di dolori, con disinvoltura de-poueva quell’autorità che avea per 34 anni sostenuto con tanto splendore, scendeva in silenzio, solo da’parenti e famigliali accompagnato , per quella scala per la quale era tante volte entrato in palazzo,corteggiato, celebrato,cinto di tanta gloria, lieto di sì belle speranze, alle quali invece erano succedute le più acerbe amarezze nella vita privata, l’umiliazione immeritata nella pubblica l ” Però la città, e alcuni nobili specialmente spar-larono con ¡sdegno del fatto, dicendosi che poco più restandogli di vita, si do-vea lasciarlo finire in dogado: ma il consiglio de’Dieci ordinò il più assoluto silenzio, sotto pena di morte. Nel medesimo giorno si adiiuo il maggior consiglio