e l’equipaggio, con molti delle principali famiglie, prese da’vittoriosi furono mandate a Venezia, ove i prigionieri riceverono trattamento umano , mitigata la prigionia dalla pietosa carità delle dame venete. In pari tempo il marchese dal Carretto, signore di Finale, eccitato da’ veneti correva devastando il Genovese. Grande fu la commozione del popolo in Genova, e corso al palazzo del doge Fre-goso tumultuariamente il depose, e senza attendere che i nobili si congregassero per eleggere il successore, gridò doge Nicolò Gualco, il portò in trionfo per la città, scongiurandolo a volgere ogni pensiero alla guerra e a vendicare l’onor genovese. Il Pisani se avesse avuto maggiori forze, sarebbesi forse volto a Genova, ove grandissimo era lo spavento ; tentò altre imprese, preseCatlaro, Sebenico fu saccheggiata, Arbe si arrese, non Traù, Zara danneggiata; ed ebbe ordine di trattenersi nelle acque d’Istria.a proteggere il golfo. Nello stesso tempo Carlo Zeno inseguì i genovesi in tutti i mari, e recò loro non pochi danni. La guerra ardeva anche nella Terraferma, ove il Carrara preso al soldo il cav. Giovanni degli O-bizzi,co’5ooo unghericondotti dal voivoda di Transilvania, assediò Mestre fulminandola dal campanile del sobborgo con batteria armata di cannoni;quando i veneziani fatto penetrare un rinforzo nella città , il nemico fu respinto e del tutto sbaragliato, con gloria del suo comandante Francesco Delfino. Il Visconti dal canto suo si gettò nel Vicentino e nel Veronese, per privarne i fratelli Bartolomeo e Antonio Scaligeri, e vi sarebbe riuscito se il denaro non avesse corrotto le sue truppe, per cui fu costretto a tregua fino al gennaio 1379. ^ febbraio di questo anno, in Pola, Vettor Pisani ricevè un rinforzo d’i 1 galee, co’provveditori Michele Steno e Carlo Zeno. A’7 maggio improvvisamente si fece innanzi al porto di Pola la flotta genovese, composta di 2 3 galee e 2 galeotte, comandata da Lucìa* 16? no Doria. Voleva il Pisani schivare la battaglia per le sue forze troppo inferiori, e per essere la ciurma scemata dalle malattie e in gran parte ancora inferma, e doversi attendere il ritorno dal Mediterraneo dello Zeno, anche per considerare che se l’esito fosse infelice non rimaneva riparo a Venezia. Non così la sentivano i suoi uifìziali, riguardando indegno del nome veneto il restarsi inoperosi, doversi assalire, tacciando il capitano di codardia. Pisani allora risolutamente diè gli ordini della battaglia e uscì dal porto con poco più di 20 galee. Disposto l’assalto si lanciò contro il nemico, e combattendo con mirabile valore, uccise lo stesso Doria. Mostrando i genovesi di ritirarsi , già credevano i veueziani aver trionfato e gl’inseguivano, quando entrata fra essi la confusione , avendo anche mancato alcuni capitani d’investire , il combattimento terminò colla totalescon-fitta della flotta veneziana, della quale 6 sole galee col Pisani e lo Steno poterono salvarsi a Parenzo. A tal nuova fu indescrivibile lo spavento in Venezia, immensa la confusione, generale il lutto per tanti morti e prigioni. Carlo Zeno colle sue navi lontano, il nemico alle porte, si disperava della salvezza. Chiamato il Pisani a Venezia, per aver mancato di previdenza, a’7 luglio fu privo per 5 anni d’ogni uffizio e beneficio, e condannato a 6 mesi di prigione, anzi il suo biografo aggiunge che si trattò condannarlo all’ultimo supplizio fra le colonne della Piazzetta; lo Steno perdè tutti gli uffizi per un anno, e castigati i capitani che non aveano investito il nemico. La flotta genovese ricevuti i rinforzi che le condusse il nuovo ammiraglio Pietro Doria, fatta ardita,riprese le terre occupate dal Pisani nell’lstria e nella Dalmazia; poi con 4o galere e molte barche armate spintasi avanti fino in faccia al porto di s. Nicolò di Lido, colà con gran dolore e spavento de’ veueziani, che da tanti secoli non avevano vedute armi nemiche nelle