i s4 cuzione delle sentenze capitali, ne riparlo al n. 20 nel dogado 67.0); gli altri si diedero alla fuga e furono banditi. Nella pace co’ genovesi non era stalo nominalo il loro alleato Andronico II, restalo in tal modo esposto alla vendetta de’veneziani. Questi con 28 galere si recarono fio sottole mura di Costantinopoli devastandone i dintorni. L’imperatore dovette allora piegarsi, e concludere a’4 ottobre 1 3o2 una tregua di 10 anni. Insorta guerra co’ padovani per aver eretto un forte presso alle paludi a difesa di loro saline, dopo vari combattimenti seguì la pace nel 1 3o4- Mentre le fazioni de’guelfi e ghibellini si erano riaccese a desolare varie parti d’Italia e la Marca Trevigiana, anche co’ nomi di Bianchi e Neri (V.) accadde un grande avvenimento che aumentò nella regione le guerre e le fazioni. A' 5 giugno i3o5 fu eletto Papa il francese Clemente V, che stabilì la residenza papale nel contado Venaissino (V.) e in Avignone (V.) nella Provenza, con funestissime conseguenze per la Chiesa e per T Europa, massime per l’Italia. Frattanto morto Azzo Vili marchese d’ Esle e di Ferrara, Fresco e Francesco, questi fratello, quegli bastardo di lui, si contrastarono i domimi. Fresco ebbe ricorso a’venezia-ni, qual tutore del suo figlio Folco da’ ferraresi riconosciuto per loro signore, e Francesco a Papa Clemente V supremo sovrano di Ferrara, la quale apparteneva al principato della s. Sede, innanzi Papa Stefano 111 del ’/5'ì, indi data in feudo da Giovanni XV delto XVI con annuo censo verso il 984 a Tedaldo avo della gran contessa Malilde, ed Innocenzo III autorizzò Azzolino d’Este a dominare pel r.°in Ferrara con una specie d’investitura. Il Papa inviò legati Arnaldo abbate e Onofrio decano Meldese, e un esercito ad occupare Ferrara, i quali prima d’entrarvi colla forza ammonirono i veneziani, comandali da Giovanni So-ranzo, a non prender parte per Fresco; ma inutilmente per aver occupato Castel Tedaldo ed i sobborghi di Ferrara, e poi anche la città, di cui il Soranzo fu fatto podestà a nome della repubblica. I due legali invitati piacevolmente i veneziaui a ritirarsi e non vedendosi ubbiditi, nella stessa Ferrara a’25 ottobre i3o8 scomunicarono il doge Gradenigo, il senato, i ministri della repubblica egli occupatoli, ponendo 1' interdetto nello stato veneto. Tali censure furono rinnovate da Clemente V, nel giovedì santo a’ 27 marzo 1309, con loro grave danno, dopo processo fatto nelle forme giuridiche, inclusivamente a Vitale Michieli divenuto podestà di Ferrara. Non cessando i veneziani da voler dominare in Ferrara, il cardinal Pelegrue legato di Bologna e nipote del Papa, vi si recò con 8000 combattenti, e ivi pubblicò una crociata contro i veneziani, con indulgenze eguali a quelle promulgate contro i saraceni, e quindi i veneziani furono da lui disfatti con grave perdita, a’ 29 agosto presso Francolino.. I ferraresi giurarono fedel-tà a mezzo d’ambasciatori nel i3io al Sommo Pontefice Clemente V in Avignone, ed in pieno concistoro confessarono essere la città di Ferrara di assoluto dominio della Chiesa romana; e che se i marchesi d’ Este I’ avevano assoggettata al loro dominio, ciò era stato per forza non per giustizia; onde avendo alcuni chiamati in soccorso i veneziani per liberarsi da tal giogo, quelli aspirando poi al dominio della città, li avevano ridotti a condizione miserabile, per cui ricorrevano al Papa loro legittimo e antico signore, al quale soggettavano beni e persone. Clemente V li accolse come fedeli vassalli, dimostrò con bolla che Ferrara apparteneva al dominio della s. Sede innanzi a Carlo Magno. Anche i veneziani nello stesso i3io mandarono ambascia -tori in Avignone Carlo Quiriui e Francesco Dandolo a invocare perdono al Papa per la guerra intrapresa e per l’occupazione di Ferrara, domandando in gra-