vincie da’ capi delle schiere neniiche, ne avea rinvigorito l'affetto al legittimo principe; di che Brescia, sopra lutti, fu esempio nobilissimo, principalissimo. Ond’è che divenuta più intima I’ unione Fra principe e popolo, e più pronto e spontaneo il concorso d’ ogni ordine a tutelare, per quanto sta in poter degli umani, l’indipendenza e l’onor della patria, la grande sapienza politica degli ottimati riusciva ad occultare lungamente all’occhio invido e scrutatore dello straniero, l’effetto di quelle ampie e insanabili ferite. Quindi !a repubblica poteva così rimettere, come che fosse, la propria fortuna in Italia, e serbarvi tuttavia tale influenza da renderne desiderabile l’alleanza alle più grandi potenze, anche in tempi molto a noi più vicini”. Frattanto a’ 26 giugno, adunato il gran consiglio, salito alla tribuna Gaspare dalla Vedova vice-cancelliere, con formola, invocati i nomi di Gesù Cristo, della B. Vergine, del glorioso apostolo (sic) ed evangelista protettore s. Maico e di tuttala Corte celeste, annunziò solennemente il vacante ducato per la .morte del serenissimo principe Loredano di gloriosa memoria. Seguì indi la convocazione del consiglio per gli ordini spettanti all’elezione del successore, all’elezione de’soliti correttori della Promissioneducale e degl’ inquisitori al doge defunto. Si ordinarono gli articoli della nuova Promissione, con prescriversi: il doge non potesse dar risposta agli ambasciatori se non con termini generali prima d’aver consultato il collegio o altro consiglio; non potesse aver parte alcuna ne’dazi; I’ udienza nel lunedì e giovedì fosse pubblica a porte aperte a chiunque; i malfattori che dopo latto il processo e confessalo il delitto, si presentavano al doge a ratificare la loro confessione, ciò facessero d’ora iu poi innanzi a’ consiglieri un giorno almeno dopo confessato; stante la difficoltà d’avere il numero occorrente d’o-felle (uccelli silvestri) solite dispensarsi 307 «Ini doge a Natale a tulle le magistrature, come già dissi nel § XVI, 11. 3, fosse a quelle sostituita una moneta d’argento del valore d’un 4-°di ducato. Così anche questo ricordo democratico de’primi tempi della repubblica, si cambiava in una fredda istituzione aristocratica, e lo rimarca il Romanin medesimo. 25. Antonio Grimani LXXVI doge; Usuo biografo eh. Casoni diceche in questo uomo bisogna ammirale le viceude della fortuna, che in singoiar modo lo prese a bersaglio, quando con avversa, quando con lieta faccia, il che già di sopra descrissi. Passata la i.’gioventù nelle pralichedel commercio marittimo, intraprese la carriera delle magistrature e poi quella delle armi, nella quale non tardò a distinguersi con clamo rose azioni, nel guidar le flotte della repubblica qual capitano generale.Lasciò fuggire favorevole occasione di combattere il lurco a Lepanto (o meglio poi si conobbe la deplorabile disubbidienza de’ capitani subal^ terni che non vollero in vestire il nemico, ma presero la fuga senza essere assalili); il che gli si ascrisse a delitto e fu bandito. Fuggì in Roma presso il virtuoso Cardinal figlio, commeltendocosì doppioer-rore gravissimo, relativamente al sistema geloso della repubblica, che non permetteva a’ patrizi andare fuori di stato senza legittima e conosciuta causa. Ardeva la guerra per la lega di Cambray, ed Antonio quantunque proscritto, amava sempre la cara patria, e tanto potè insinuarsi nella corte romana, tanto seppe blandire, promettere e minacciare,che le di lui prestazioni, unite a quelle del cardinale e de’ veneti ambasciatori, valsero a raddolcire il cuore di Giulio II eri-durlo propenso alla causa della repubblica. I padri riconoscenti, seppero valutare così utili servigi; cedettero all’ i-stanze del cardinale e a’ voli de’citladini, librarono su giusta lance le cause de’ di lui mancamenti cogli effetti del patrio suo zelo, e con nuovo ed unico esempio