t56 decapitali. Da allora il governo di Candia si léce più rigoroso, e così tornò la quiete all’isola. Fu la guerra di Candia il principale avvenimento del doge Celsi. Egli era di carattere giocondo e splendidissimo. Viveva regiamente, amante di tenere bella scuderia di cavalli, sui quali spesso in compagnia di molti gentiluomini si mostrava per la città; diletta vasi inoltre di raccogliere copiosa collezione d’uccelli e altri animali rari imbalsamati, oltre altre curiosità. Continuo era in sua casa il banchetto e la festa, compiacendosi del consorzio de’letterati e degli artisti. Si mostrò assai divoto, e le solennità della B. Vergine distingueva, assistendo alle sagre funzioni con toga candida anziché colla cremisina, d’ordinario usata da’predecessori. Passati appena 4 anni dalla sua esaltazione, a’18 luglio1365 abbandonò il trono e il inondo. Ne fu deposto il cadavere nella chiesa di s. Maria Celeste o Celestia, rimpet-to all’altare della ss. Vergine da lui tanto venerata, ma l’incendio e la riedificazione di quella fecero poi sparirne la tomba. Scrissero alcuni cronisti, esser morto il doge Celsi molto opportunamente , e prima che recando ad effetto i suoi ambiziosi pensieri di tirannia, incorresse nella stessa pena e infamia del Bajatuonte e del Falier. Infatti qualche grave accusa era stata portata contro di lui , trovandosi che il consiglio de’ Dieci, dopo l’elezione del successore, decretò tosto a’ 3o luglio fossero distrutte tutte le carte d’accuse fatte contro il doge Celsi dopo la sua morte, e che il nuovo doge fosse tenuto a dire pubblicamente nellai.a a-dunanza del consiglio, essere stato il suo predecessore indegnamente calunniato dopo il suo decesso, e di cose commesse contro l’onore del comune di Venezia e della repubblica, le quali, fattane inchiesta , risultarono false. Le riforme fatte alla Promissione ducale riguardarono nientemeno l’obbligo del doge di rinunziare, quando tal fosse la volontà de’ 6 consiglieri edella maggior parte del gran consiglio, e uscire fra 3 giorni dal palazzo, sotto pena di confisca de’ beni (Tanto riporta il Romanin, e come sempre cita e documenta le sue asserzioni, con riportare il testo del Libro Novella 258, 25g. Il cav. Cicogna poi nella biografia del seguente doge ci dice: Unode’molti regolamenti fatti nella vacanza del dogado di Celsi fu questo. Che se sarà deliberato da’ consiglieri col consiglio, di dare altra forma al governo di Venezia, il doge debba rifiutare d’uscire da palazzo io pena della confiscazione di tutti i suoi beni); mentre dal canto suo non potrebbe rinunziare spontaneamente senza l’anzidetto consenso! Dovere gli avogadori del comune invigilare, che il doge avesse il numero prescritto di famigliari, e questi dovessero abitare in palazzo. Non potesse trattar nulla da se, nè esser giudice in alcun aliare. Non ¡spender oltre a 100 lire di piccoli l’anno, del denaro del comune, per l’abbellimento del palazzo. Soprattutto s’ingiunse agli avogadori, di badare attentamente che il doge non oltrepassasse i limiti delle leggi a lui prescritti, com’erasi da alcuno tentato. Agli elettori poi del doge durante lo scrutinio, o congresso loro per l’elezione , fu prescritto di non poter ricevere alcuna e-sterna comunicazione. E qui osserva il biografo Caffi, che tal sanzione chiarisce quella frode dal Celsi posta in opera per farsi crear doge.— Marco Cornaro LIX doge. La sua elezione porge un esempio di quelle obbiezioni ch’erano permesse muovere da ciascun elettore contro il candidato che veniva proposto alla sedia ducale, e delle difese che gli erano concesse. Marco Cornaro, o Corner come lo chiama il prof. Romanin (i medesimi cognomi veneti altri li scrissero tronchi e terminanti in consonanti, altri prolungati con aggiunta di vocali come o ed i, laonde sono bene detti in ambo i modi), uomo di grande prudenza, di bella faccia e persona, cavaliere e procuratore, eser-