seguenza istruzioni a’ suoi ministri presso le potenze estere, non che a'governa-tori delle sue provincie. In quest’ anno si conobbe il computo della popolazione dello stato veneto a tutto il 1786, e si trovò ascendere ad anime 2,755,480, delle quali 4^,775 sacerdoti secolari e regolari, e monache. Erano le sagrestie dello stato 17,782 ; la celebrazione delle messe annue d’obbligo 3,075,330, le avventizie in un anno 1,455,558, gli anniversari pe’ defunti >45,168. E tutto questo dimostra la pietà de’ veneziani e de’sudditi della repubblica. Nonostante le particolari turbolenze che si rinnovavano di tratto in tratto, ma che non a-vevano conseguenze gran fatto pericolose, erano già scorsi 70 anni, e mai sempre il governo veneto avea saputo mantenersi in pace. Tale era la situazione allorché i segni precursori della rivoluzione francese colpirono tutti gli spiriti saggi e illuminati d’Europa. Sino dal luglio 1788 Antonio Cappello, ambasciatole della repubblica a Parigi presso Luigi XVI, prevedendo che una forte scossa, avvenuta dapprima in Frauda, poteva in breve compromettere la tranquillità europea, aveva indotto il senato a seriamente riflettere sulla situazione della potenza veneta, che trovavasi separata dagl’ interessi politici di tutto il continente d’Europa, inspirandole forse stima, ma niuna specie di timore, e nulla avendo di comune cogl’ isolani inglesi. Calcolava Cappello la possibilità che Venezia fosse forzatamente distolta dal suo sistema di neutralità, e perciò induceva 1 suoi committenti di ravvicinarsi agli altri stati sovrani con più intima corrispondenza e con segrete negoziazioni. Ma la lettera dell’ambascialore fu messa in filza tra le comunicate e non lette, cioè posta da parte da’savi, membri del consiglio del doge, ed il senato non n’ebbe neppur cognizione. Dove, come, quando e da clii abbia preso piede la diabolica e fatale manovra delle comunicale e non 621 Ielle (manovra burocratica, che sfuggì agli stessi inquisitori di stato, e che trasse la repubblica all’estrema rovina); questo è l’arcano, che passerà inesplicato allo stupore ed all’esempio salutare de’ posteri, e di qualunque governo, cui parlerà sempre il verso di Dante : Le leggi son, ma chi pon mano ad esse? Purg. 16,97. I capi del governo inorridivano al pensiero degli sforzi che avrebbe richiesto una energica risoluzione, ed a-mavano lusingarsi che se fosse avvenuta la scossa annunziata, Venezia non ne sentirebbe il contraccolpo. Ma quanto era stato presagito dall’ ambasciatore Cappello, si verificò nell’orrende scene che avvennero in Francia nel 1789. Quegli stessi scrittori che in quel regno aveano declamato contro la nostra s. Religione, aveano nel tempo stesso indirettamente, ed alcuni eziandio di proposito, scritto contro gli ordini de’governi esistenti, rap -presentando i sovrani altrettanti nemici dell’umanità, e che la loro autorità deriva dal consenso de’ sudditi e non da Dio, com’essi pretendevano. Pervennero infine a formare prima nella loro nazione e poi in Europa uno spirito tendente a sottoporre alla propria ragione la religione, il governo ed i costumi, e perciò ad un desiderio di riforma universale. Questo spirito, che alcuni chiamarono filosofico, altri del secolo, fu dipoi in ¡special modo divulgato dalla Setta de’libeii Muratori (V.), tanto diffusa in Europa. Mentre poi i francesi ammiravano una libertà, deploravano i mali reali della loro patria, cagionati dallo sconcerto delle finanze, onde il governo regio fu indotto a dichiarare,che i creditori dello stato si sarebbero pagati per due quinti in carta moneta. Quindi malcontento nel popolo, timori d’un fallimento nazionale e mormorazioni contro le leggi vigenti, prima criticate e poi disprezzate. Queste disposizioni ri voi tose degli animi,preparate lentamente, rendevano mollo difficile la situazione del governo, e Luigi XVI sebbene