I 28 lo Bajamonte Tiepolo, le apprensioni die per molto tempo ancora si mantennero, diedero motivo a prolungare la durata del tribunale eccezionale,a principio istituito solo per l’urgente bisogno del momento^ a procacciarne alfine la stabilità nel i335 e la conferma nella concio-ne pubblica nel i 33g. Era in circa ciò che orsi direbbe un giudizio statario, procedeva speditamente, subitamente, senza indugio, ma non arbitrariamente, non ingiustamente, non senza norme e regole ne’ suoi giudizi, come prova l’encomiato patrio storico. Le quali norme e regole anzi erano strettissime, nè poteva dipartirsene,formando quello che allora chiamava»! il rito. Nondimeno il mistero in che furono sempre avvolte le sue azioni rendevalo tremendo, e ne derivarono false idee che si propagarono fino a noi, e si dura molta fatica a sradicare dalle menti. Erano scelti questi decemviri tra’ principali e più rispettabili cittadini,uno per famiglia, sedevano un anno e uon potevano venirconfermati nell’anno seguente. Affinché la scelta procedesse con tutta ponderazione e assennatezza, si nominavano a pochi per volta nelle varie adunanze del maggior consiglio. La loro elezione si faceva a principio per due mani, cioè proponendo ad ogni elezione due candidali tra’ quali aveva a decidere a maggioranza di suffragi il gran consiglio; poi per legge del i356 ogni proposto doveva avere non uno, ma due competitori, ed infine occorreva il suffragio in 4 collegi elettorali, il che dicevasi eletto per 4 mani di elezione. 1 decemviri non ricevevano stipendio, uon assu-mevanoaltra magistratura, non potevano esser tra loro parenti; quando un accusato fosse stalo congiunto di sangue d’ uno di essi, quel decemviro veniva e-schiso; accettar doni o provvisioni era delitto capitale. Spirato l’anno tornavano al grado d’ogni altro cittadino, il tremendo decemviro non aveva più nulla che il mettesse al coperto dalle accuse e dal più severo sindacato della sua amministrazione: nulla, se non la coscienza della propria rettitudine e dell’esercizio irreprensibile del suo potere. Aveail consiglio de’ Dieci 3 capi eletti dal suo seno, mutabili ogni mese, a cui spettava l’iniziativa degli affari, preparare i processi e fare eseguire le risoluzioni del consiglio stesso. Era obbligo loro di non andare per quel mese in giro per la città,nè alle botteghe, nè altri luoghi pubblici, ov’era solita ridursi la nobiltà, e ciò per ¡sfuggire ogui occasione di broglioedogni altro maneggio; di osservare scrupolosamente lo scopo per cui era stato istituito il consiglio, cioè al fine di conservare la quiete e libertà de’sudditi proteggendoli dall’autorità de prepotenti;di giudicare que’ca-si solamente che per la loro grave qualità ricercavano le forze e il rispetto di che godeva un tanto tribunale; di dare udienza ogui martedì, giovedì e sabato per cose spettanti al consiglio, ed in altri per cose urgenti e gravi, ma solo per ricevere gravami, uon già per cause o giudizi in corso; di presentare il i."giorno del mese una nota di tutti ¡carcerati per ordine del consiglio, e dar opera che fossero spediti al più presto; di formar processo circa alle denunzie e querele per poi portarle al consiglio; di visitare ogni mese le carceri ; di preseutareaì consiglio per la conferma tutte le detenzioni operate da’eapi predecessori nell’ultima metà del loro mese ; di ricordare al consiglio tutti i processi in pendenza del mese precedente. Questi 3 capi erano tenuti con leggi e provvedimenti in freno, che non commettessero abusi. Teneva il consiglio de’ Dieci le sue adunanze in una sala particolare nel ducale palazzo, non parata a nero, non debolmente e di tetra luce rischiarata, come immaginarono i romanzieri,oltre le favole de’trabocchet-ti, ma ornata di superbe pitture chede-scrissi nel §II,n. i. Ad ogui adunanza del consiglio assistevano il doge co’suoi G consiglieri, cd uno almeno degli avogado-