cipe e alla signoria, fu con molto onore accolto, ed il doge con gravi e affettuose parole gli manifestò la confidenza che o-gnuno poneva nel suo valore, e mettere in obblio ogni passato accidente. E il Pisani rispose, aver sempre riverito le pubbliche deliberazioni, e non restargli che corrispondere a quella fiducia di che veniva onorato. Il popolo però non volle che dividesse il comando col Giustiniani, onde gli fu conferito il comando generale, ed allora il pubblico entusiasmo non trovò più limile, tutti correndo ad iscriversi ne’ruoli della milizia, tutti offrendo alla patria ori, argenti, gioie, quanto possedevano di valore, inclusivamente alle donne. Tutti presero le armi , i preti e persino i monaci, meno i frati minori, i quali furono espulsi da Venezia dalla signoria,come narra il biografo Casoni.Furono cavate 4o galee dall’arsenale e poste alla riva di s. Marco, in 3 giorni armati due terzi dell’equipaggio, ma non potevasi avere quanto bisognava pel resto ; il novembre già volgeva alla fine e Venezia era agli estremi; stretta dal nemico, angustiata dalla fame, il potere in mano del popolo cheavea l’armi e la custodia del Lido e della città. Fude'cretato un prestito forzato del 5 per i oo che in 70 contrade fruttò la ragguardevole somma di lire6,2g4,o4o;che conseguita la pace, 3otra le famiglie che più avessero contribuito colle persone e cogli averi in pro della patria sarebbero ammesse al maggior consiglio e perciò dichiarate nobili; a’più zelanti stranieri fu promessa la cittadinanza, adottando la patria per figli que’che con ardore avessero contribuito alla sua libertà e indipendenza; e dall’altro cauto fu dichiarato, che quel veneziano che si fosse allontanato dalla patria, dovesse perdere ogni privilegio e diritto di cittadinanza; mentre 5ooo ducati annui sarebbero distribuiti a que’ di scarse fortune. Fu una lodevole gara generale iu offrire generosamente galee, e-quipaggi, armati, somme per concorrere 167 al salvamento della patria. Eseguito l’armamento generale, un 3.° restò alla difesa della città, gli altri due si posero sotto gli ordini del Pisani, che tosto riprese le ostilità. Il r.° scontro avvenne per o-pera di Giovanni Barbarigo, che profittando del vantaggio che le barche leggiere e i marinari esperti delle Lagune a-vevano sopra i grossi navigli genovesi e di quella navigazione mal pratici, con piccola squadra improvvisamenteassal» una galea edue altri vascelli posti alla custodia del forte di Montalbauo occupato da’ padovaui, li prese e incendiò, conducendo a Venezia 15o prigionieri. Questa piccola vittoria rinfrancò non poco l’animo de’ veneziani, traendone buon augurio. Ormai era un lamento universale contro la passiva difesa; voleva ciascuno uscire e misurarsi col nemico. Prudente ed assai ben concepito era il piano di guerra proposto dal Pisani; esso tendeva ad imprigionar la flotta genovese nella Laguna, impedendole e 1’ uscita e il ricevere rinforzi, e ciò soltanto colla chiusura delle 3 uscite di Chioggia , di Brondolo e del canale di Lombardia. Nel giovarmi della magnifica Storia documentata del benemerentissimo, dotto e eh. Romanin, bello e importante sarebbe il seguirloan-co negl’interessanti particolari.Si vedrebbe una nobile popolazione piena di magnanimi spiriti, ridotta agli estremi, trovare in se stessa e nel proprio mirabile patriottismo i mezzi abbondanti onde far fronte ad un nemico strapotente e superbo; bello sarebbe il seguire passo passo que’moltissimi provvedimenti de’3 savi deputati alle cose della guerra, quelli di altri magistrati e dell’eroico Pisani, che la condussero in fine a salvezza; bello ancora il grave insegnamento, non aversi mai a disperar della patria, quando essa è ricca di virtuosi e magnanimi cittadini. Il doge Contarmi ottuagenario, a dar esempio d’amor patrio in faccia al perìcolo, volle imbarcarsi sull’armata destinata ad uscire contro il uemico. Era