dente regina Carlotta; la quale riusciti vani i suoi tentativi cedette a’5 febbraio l485, nella basilica Vaticana, le sue pretensioni a Carlo I suo nipote duca di <5Vz-voia (V.) e successori, quindi il titolo assunto da questi duchi nel i485 di re di Cipro, di Gerusalemme e di Armenia (titoli che trascurali da’successori, li riprese nel 1633 Vittorio Amedeo I, dopoché Urbano Vili diè il titolo A' E-minenza a’Cardinali di santa Chiesa), e nelle loro armi ne inquartarono gli stemmi. E più tardi insorsero pure tra’ duchi e la repubblica differenze di precedenza, discusse da Tommaso Graswin-ckelio: De jurepraecedcutiaeinter Rem-publicani l'enetam et Sabaudix Ducevi, Logduni Elzevir 164-4- In questa successiva condizione di cose sembrò al governo veneziano ottimo spediente quel- lo di assumere apertamente la protezione, e anche, occorrendo, il possesso dell’isola, onde imporre più rispetto a’ musulmani e insieme troncare d’un colpo le speranze di chi agognasse a quel trono. Fin da quando giunse a Venezia la lettera della regina Cornaro, de’ i g ottobre i474 (altri dicono 1475>), colla notizia della morte del fanciullo Giacomo III unico suo figlio, il senato sped'i tosto in Cipro il padre di lei Marco, con rinforzi di truppe e la commissione d’operare iu modo che nobili e popolari continuassero nell’ubbidienza alla regina, cosà volendo assolutamente la repubblica, uè si facesse alcun mutamento negli ordini esistenti. Tra gli altri provvedimenti volle il senato neli477 in Venezia la madre del defunto Giacomo II, sposo della Cornaro, Maria Patras, la figlia Zarla e i figli bastardi di lui, a’quali assegnò onorevole alloggio in uno de’ 3 monasteri di s. Zaccaria, di s. Maria della Celestia e delle Vergini. Dipoi la Zarla morì di peste a Padova, ed i principi ad onta del buon trattamento e della sorveglianza della repubblica fuggirono. A ridurre finalmente l’isola iu piena dipendenza della repub- Mica, si voleva mandare ima colonia veneziana, come a Candia, ma poi non ebbe eifetto. Continuando i maneggi di Carlotta , il re Ferdinando I avea mandato a Cipro e al Cairo il figlio Alfonso duca di Calabria, per impossessarsi del regno, ma non gli riuscì; e neppure le mene onde sposare Caterina, fatte dal suo fido Rizzo da Marino, poi strangolato in Venezia. Continuando la sovranità sotto il nome di Caterina, ina di fatto nelle ulani della repubblica, vigile che i veneziani si conducessero bene verso gl’indigeni, alcuni movimenti turchi destarono nuovi timori, laonde nel 1487 si decretarono fortificazioni nell’isola, e per sicurezza si portò la regina a Famagosta ben munita. Essendosi dal senato risoluto di unire l’isola di Ci prò a’possedimenti veneziani, non sembrava più conveniente di lasciar Caterina in qualità di semplice privata ove era stala fin allora regina. Fu quindi deliberato di mandare nel 1488 il di lei fratello Giorgio a persuaderla colla sua eloquenza a rinunziare e venire a Venezia, molto più che giungevano notizie che meditasse una fugo. Ebbe Giorgio a vincere ingegnosamente non poca resistenza, alfine Caterina cedendo a’va-leri della repubblica, che Cavea adottata per figlia, consentì lagrimamlo alla dolorosa rinunzia, bensì conservando i titoli ili regina di Cipro, Gerusalemme ed Armenia. Con questi titoli poi continuò a sottoscriversi,e vi aggiunse signora d’A-solo quando- fu investita di quel castello. Il gonfalone di s. Marco venne con solenne ceremonia innalzato, a’26 febbraio 1489 dice 1’ Arte di verificare le. date.j e la regina dopo commovente commiato da’suoi sudditi e da quelli che durante tutto il tempo del suo regno I’ avevano sostenuta col consiglio e confortata di affetto, partivasi sulla galea di Francesco Priuli alla volta di Venezia, il quale a-vea istruzione ili soccorrerla in caso di resistenza. L’ entrata che fece a’ 6 giugno lu già regina di Cipro nella sua ma-