sostegno ilei popolo romano (ornamento della romana repubblica , dice invece il Romanin, cioè i veneti e galli cisalpini); e anche l’imperatore Claudio molti anni dopo a quell'augusto corpo ricordava come Roma non fosse mai stata quieta e florida , nè sicura la repubblica , come quando furono ammessi i traapadani alla cittadinanza. Infatti in quella congiuntura gravissima , argomento de’ consigli di Cicerone, i veneti dichiaratisi pel senato, non che favorire Marc’Antonio,sì valida resistenza opposero aH’amhizioue di lui, che il costrinsero a fuggire avvilito d’ Italia. Se uon che fu richiamato da Ottaviano, il quale abbandonali gl’interessi della repubblica e sceso con poderose forze, ne spinse con Pollione una parte nella Venezia per costringerla ad abbracciare quel partito suo malgrado. Gravi travagli oppressero allora il mondo romano. Morto Cruto, morto Cassio, disfatti gli eserciti loro, debole Lepido, la somma del potere di Roma cadde nelle mani d'Ottaviano nipote, figlio adottivo ed erede di Cesare, e in quelle di Marc’Antonio, ognuno de’quali troppo era forte per tollerare un collega; laonde, spenti i nemici comuni , ruppero tra loro la guerra, cercando entrambi l’appoggiode’ traspadani. Ma la sagacit.ì di Ottaviano, sagacissimo tra gli uomini, vinse e l’ottenne; n’ebbe infatti quegli aiuti che avevano conti ibuito alla grandezza di Giulio Cesare, e con questi e colle navi de’ veneti lidi riportò ad Azzio quella vittoria che lutti sanno e che lo rese padrone di Roma e dell'impero. » Salito così col nome d’Augusto al supremo grado all’uomo concesso, ebbe la malizia , dica chi vuole la saviezza, di tosto abbandonare le arti usale per giungervi, ed assumere quelle capaci a conservargli e fargli felice il regno; per il che ristabilì l’ordine, se pur non sia da dirsi la durevole schiavitù, che laddove in uno stato libero s’è usurpala la sovranità, ivi si chiama regola ciò clie può fondare l’autorità illi- 9 mitata d’un tale uomo. Affettò dunque moderazione, sia per evitare i colpi che precipitarono Cesare, sia per ribadire meglio le catene che preparava a’suddi-ti; ma non si può negare che Roma sotto di lui non respirasse pacificamente dopo gli orrori delle guerre civili. Molti e-logi riscossero le sue azioni; di dar forma allo stato, serbando però il supremo potere; di dividere il governo delle province col senato, lasciando pure qualche apparenza di sovranità al popolo, ina per rendere meno sensibile agl’italiani il passaggio dalla repubblica al regno. Tutto però mirava ad un gran fine, di conservarsi cioè il trono, interessando alla sua slabilità il forte della nazione. Perciò diede le maggiori cure all’llaliu, che ben conobbe quanto calcolo doveva fare di questo capo ili sì gran corpo; perciò rispettava il diritto alla romana cittadinanza, già esteso a tutta Italia, che assicurava l’ampiezza e la quiete alla sede dell’impero; perciò cinse al trono larga corona d’uomini insigni, mezzo unico ad ottenere splendore ed a molti plica re ¡strumenti al potere. Ma chi uon ravvisa in ciò le cause della rovina d* Italia? Così spopolavansi le città per correre a Roma; così i cittadini dimenticavano l'amore della patria naturale per sostituirvi quello dell’ adottiva; così ... Tuttavia potrebbe dirsi che se le singolari città hanno in ciò sofferto danno, n’ebbe vantaggio la generalità dell’Italia, dell’impero, e così, solto un certo punto di vista, a favore de’ membri tornò a ridondare il benessere procacciato alla comunità sociale. Difatti 1’ Italia intera somministrava a’ comizi, al senato, alla pretura, al consolato, al sacerdozio, ed al trono i suoi migliori cittadini, i quali, nuovi ma famosi, conservarono alcuni secoli lo stato, sottentrando agli antichi patrizi , cui le smodate ricchezze ed un lusso eccessivo rendevano incapaci a regolare la cosa pubblica e a sostenerne la gloria ”. li molli veneti allora figurarono a Ruma