messo a Dio di conformare la loro vita a norma delle dette costituzioni, riflettendo che quell’ordine regolare, a cui si dedicavano, era stato fondato coll’approvazione della podestà legittima, e che era stato ricevuto nel Vostrodooiiniocol consenso de’Vostri maggiori. Apparendo da quel Vostro editto violate le leggi sagro-sante della Chiesa, conculcati i diritti della s. Sede, e le persone religiose a ver quasi perduto il loro stato, non è possibile che Noi non sentiamo una tenera compassione delle anime Vostre, poiché Voi, disprezzando altamente la Chiesa, meditando e disegnando di passar contro la medesima da un’ingiuria all’altra, annodate con molli lacci le Vostre coscienze. Quindi, o diletti figli, guardate bene in (juai precipizi vi strascini una certa falsa ragione di stato, che sembra avervi indotto a credere, che Voi possiate alterare nel Vostro dominio quelle leggi che dalla s. Madre Chiesa sono state fatte ad onore e gloria di Dio, e per la salute delle anime. Questo desiderio di dilatare la Vostra podestà nella Chiesa vi ha traviati per modo, che di Vostra autorità, sen-z'alcun diritto, assoggettaste gli ordini regolari alla giurisdizione ordinaria, esortaste i vescovi del Vostro dominio ad e-sercitare la loro giurisdizione sopra gli stessi ordini regolari; ma Noi però confidati nella virtù e moderazione de’mede-iirni vescovi, abbiamo ragione di sperare ch’eglino non crederanno di poter avere da Voi quella giurisdizione, di cui beu sanno esser Voi privi. Nulladimeno giudicammo cosa opportuna avvisarli di difendere l’esenzioni de’regolari,salva sempre però la loro giurisdizione ordinaria a quelle cose, nelle quali il concilio di I renio volle che dovesse aver luogo. Siccome poi la Vostra repubblica fu quasi la prima tra’principi cattolici che accetto con tutto l’ossequio non solo i decce-lidi quel concilio riguardanti la fede, ma ancora riguardanti l’ecclesiastica disciplina; cosi per conservare il Vostro buon no- 599 me dovete mantenere presso di Voi gli stessi decreti, onde non sembri che Voi facciate poco conto di quella lode di pietà che è stata allora ottenuta da’ Vostri maggiori. In conseguenza del Nostroapo-stolico ministero ci resta d’ avvertire seriamente le Vostre Nobiltà, a riflettere a quali pericoli abbiate esposte le animeVo-stre con quell’editto,con cui resta tanto pregiudicata la Chiesa, e a qual orrendo giudizio siete per sottostare dinanzi al tribunale di Cristo , quando dovrete rendergli conto di tutti i mali che con quel Vostro editto sono derivati nella Chiesa a danno del divino onore e degli spirituali vantaggi. Crediamo superfluo iudicare alle Nobiltà Vostre in qual modo possiate emendare tutti questi mali. Già da Voi stessi chiaramente vedete ciò che far vi conviene per mettere le Vostre coscienze sicure da ogni pericolo in una perfetta tranquillità, e per non lasciare alla Chiesa dubbio alcuno, che Voi siete disposti di dare alla medesima una sincera e piena soddisfazione. Noi frattanto rivolgeremo le fervorose Nostre preghiere a Dio, perchè colla rugiada della sua divina grazia ammollisca i Vostri cuori, sicché apransi più felicemente a ricevere le celesti ispirazioni, ed alle Nobiltà Vostre col paterno affetto dell’animo Nostro diamo amorosamente l’apostolica benedizione”. Osserva il Bercastel, che nella compilazione di questo breve al senato ve-netOj non solo non era stata ricercata l’opinione di alcuno di que’cardinali soliti a consultarsi in tali materie, ma nemmeno era stato adoperato il celebre mg.r Garampi che avea l’incarico di scrivere i brevi a’ Papi (era Segretario della ci■ fra). Quest’incumbenza l’ebbe mg.r Giacomelli arcivescovo di Calcedonia(appun-to per essere segretario de’brevi a’principi). Quest’affare fu discusso e definito tra il Papa, il Cardinal Torrigiani, il Giacomelli e il ricordato mg.r Caraffa peritissimo dello spirito del governo veneto, ad un tempo geloso de’diritti sovrani, e