uanio agli aiuti domandati da’ piote-M„li ma co' migliori e più cortesi ter “„.Ini possibili. Nè I’ Archiew si parli da Venezia, anzi vi rimase in qualità di se-•retsrio’residente d’Inghilterra, e olle ^„anze del Papa a’5 novembre si ri-¿5*: che I’ Archiew continuava a far l’iiflicio suo di segretario d’Inghilterra, e alle volte comunicava al senato avvisi e notizie come facevano gli altri, nè perciò dovesse Sua Santità inquietarsi, ben co noicendo la divozione della repubblica terso la s. Sede. Grave contestazione però (i accese con essa per la giurisdizione di Ceneda nel dominio temporale, che riportai in quell’articolo, in uno all’ alto principesco che un tempo vi ebbe la i. Sede, e meglio ne tratta il Borgia, /l/e-morìc storiche di Benevento, t. 2, p. 172 e se". Narra il eh. ab. Cappelletti , Le Chiese d’Italia, t.io, p. 222, che Cene-d.i fu soggetta nelle varie vicende dell'Italia a mutamenti di sovranità, più lungamente però appartenne a’suoi ve-ico»i. La repubblica di Venezia ne difillo padrona allorché nel 133y il vedovo Francesco Ramponi, che allora dimorava in Venezia, ricusando di aderire alle pretensioni de’da Camin, appoggiò se stesso e la sua Chiesa alla protezione di lei , e stipulò colla signoria un concordato, di cui gli articoli principali pollavano: Che il vescovo le cedeva con mero e misto impero tutto il conta-'lo ili sopra a Ceneda, cioè Serravalle, ' »lumino, Cordignano, Roganzuol,Ca-»olan, Fregona, Solighelto ed altri luoghi occupali da’Caminesi. E la signoria per inetto di 3 procuratori di s. Marco •deri a questa cessione, obbligandosi a di- • idere egualmente col vescovo tutte l’entrate solite a pagarsi alla camera fiscale di Serravalle, ed a lasciare la città di Ceneda col suo particolare territorio e col 1 ontado di Tarso in dominio de’vescovi prò-tempore, con mero e misto impero, tome per | addietro (Ceneda fu ottenuta ‘I'1 ' eneli nel 133701 347 e fu ricuperata 355 nel 1 388). Questo concordato suscitò gravi molestie alla repubblica per parte del Papa e del patriarca a cui n’era stalo delegato l’alfare; ma il senato per non involgersi ili una guerra inutile, seppe destramente scansarsi, e la cosa andò accomodata, senza per altro cedere l’ollenu-lodominio,e vi continuò tranquillamente per più di due secoli; avendone anzi rinnovato il patio nel 14 ■ 8 col vescovo Antonio Correr nipote di Gregorio XII (e riferisce il Romanin, raccomandandogli di mantenere quelle fortezze iu buono stato e vantaggio a difesa della signoria, amministrando inoltre ragione e giustizia finché altrimenti fosse deliberato, e facendo eseguire i decreti della repubblica quanto alle gravezze e altro. Dipoi nel 1488 il vescovo Nicolò Trevi-san mosse pretensioni sulla signoria ce-nedese, sotto l’immedinta sovranità della s. Sede; pretensioni rinnovate di quando in quando da’ vescovi successori ). Ma nell 546, dopo di aver sedato in Ceneda stessa gravi discordie, insorte tra' cittadini e il vescovocardinalMarinoGi i-uiani, ebbe ad usare della sua energia contro le pretensioni del vescovo stesso, che duramente molestava i suoi vassalli, tolte dalla loggia di Ceneda l’insegne di s. Marco, proclamato che niuno avesse più ricorso a Venezia per l’appellazione sotto gravi pene, intendendo d’assumere a se la piena giurisdizione sulla città; e di più avendo fatto arrestare due di Serravalle che accompagnavano l'inquisito-re dal senato mandato a visitare i boschi di Terraferma per far cerca di le-. gnanie da costruzione per l’arsenale, per essersene offeso il cardinale. Fu allora che il senato per conservare la giurisdizione ormai da due secoli acquistata sopra que’luoghi, mandò a Ceneda per suo rappresentante un podestà per amministrare la giustizia sì in civile che in criminale, come gli altri rettori. Fu a ciò nominato Giacomo Soriano, e così tolse la repubblica a’vescovi di Ceneda la su-