82 si decise fermamente per la pace, abbattuto da una lunga serie di calamilà. Qui la storia è un laberinto, vulnerata da un conflitto di date, d’incongnienze, di favolosi racconti, senza critica: però a tutto ripararono co’loro scritti gli stessi storici veneziani, cioè il cav. Cicogna, il nobile Angelo Zon, poscia il Romaniu, e ultimamente lo Zanotlo. Narravasi infatti da molti, che continuando lo scisma sostenuto da Federico I nemico d’Alessandro III, questi fuggi sotto mentite spoglie di pellegrino. A fronte de’ vari accomodamenti intavolati tra lui e l’imperatore, cercando un asilo sicuro, non lo rinvenne che in Venezia, ove si recò di nascosto colle galee di Guglielmo 11 re di Sicilia nel i 177. Pochi giorni stette incognito in Venezia (di più secondo Corner, e nel monastero di s. Maria della Carità de’canonici regolari Portuensi, e nel modo con lui e con altri scrittori riferito nel § X, n. 11), e riconosciuto gli furono tributati gli onori che meritava. La repubblica sul momento inviò Filippo Orio e Jacopo Centranigo ambasciatori in Pavia dov'era l’imperatore, chiedendo che gli piacesse ridonar la pace alla Chiesa e all’ Italia. Non ascoltò queste voci Federico I, anzi chiese che gli si consegnasse nelle mani il Papa, altrimenti i veneziani diverrebbero suoi nemici, e pianterebbe le sue aquile sulla porta della chiesa di s. Marco. In fatti egli allestì una flotta di yS galee, e vi prepose Ottone suo figlio; ed i veneziani una di 3o solamente, comandata dal doge. Tra Pirano e Parenzo, nel luogo dettoSalvore, il dì dell’Ascensione 1177 scontraronsi le due armate. Le forze reciproche essendo ineguali, la vittoria doveva essere certamente dell’ imperatore, se non avesse avuto il vento contrario. Col favore di questa circostanza, i veneziani vinsero. Ottone fatto prigioniero lo si rimandò al padre onde interessarlo alla pace. Federico I acconsentì e fu firmata ec. Si sparsero de’dubbi sulla ve- lila della battaglia a Salvore taciuta dai più antichi scrittori, ma a que’ pochi che nulla ne dicono è sostituita la molteplicità di quelli che l’affermano. Il cav. Cicogna parlando del doge Ziani nel-l’Inscrizioni Veneziane, t. 4> P- 568 e seg., riferisce le discrepanti opinioni, illustrando dottamente la di lui epigrafe sepolcrale, non che pubblicando le Memorie intorno la venuta di Papa Alessandro III in Venezia nell'anno 1177 e a’ diversi suoi documenti, raccolte dal nobile Angelo Zon suenunciato. Nelle biografie de’Papi io seguo principalmente, come la migliore, la Storia dei Pontefici di Novaes. Con esso dunque nella biografia di Alessandro III me-contai la vittoria navale, e confutai la calunnia favolosa dell’ orgogliose parole poste in bocca al virtuoso Papa, quando Federico I gli fece ossequio, secoudo Giovanni Villani e altri, forse accreditate dalla sedia papale un tempo esistente nella basilica Lateranense, che descrissi nel voi. X, p. 265. Altri in vece con più probabilità dissero che Alessandro 111 nel ricevere le dimostrazioni della venerazione dell’ imperatore, esclamasse: Non a Noi, ma a Pietro. Pare che il Deniua nella Storia delle rivoluzioni d’Italia accusi il Papa, come pensoso più di se, che della lega lombarda; ma tosto lo scusa per l’impero delle circostanze, e pel dovere cui mancar non doveva, di salvare la Chiesa. Nel narrare poi la sommissione, con cui Federico I chinossi.in Venezia ad Alessandro 111, per essere ribenedetto, il Denina dichiarò. » Non l'ilussero mai per l’onore del Sacerdozio più lieti giorni, nè più gloriosi; nè mai la città di Venezia lu teatro di più nobili azioni ”. Egli è per questo, 11011 che per rettificare coll’ encomiato Romanin molti fatti e particolarità storiche, che dovrò alquanto diffondermi sul memorabile e famoso avvenimento, eziandio a gloria di Venezia, ove si terminò una lotta tra il Sacerdozio e l’impero