na, e la guerra fu dichiarala a’16 maggio 14^2. L’odio contro lo Sforza giunse a tanto, che si accettò l’offerta di farlo avvelenare, temendo volesse estendere i suoi dominii a danno della repubblica. Ma per la poca vigoria con cui veniva condotta la guerra , e per il disastroso avvenimento che empi di terrore tulta quanta la cristianità, la presa di Costantinopoli (F.) per opera degli ottomani, che ne fecero la capitale dell’impero di Turchia (V.)t tutte le parti belligeranti si trovarono inclinate alla pace. Qui devo prima premettere un indispensabile re-trospettivocenno storico. Ad Eugenio IV era succeduto nel pontificato Nicolò V, che tosto con gran zelo si applicò ad e-stinguere Io scisma, ed a pacificare 1’ I-talia, con l’invio di molti nunzi e legati, ed ottenne che a’g aprile 1449 Felice V rinuuziasse il suo antipontificato. Morto poi neh451 l’ultimo patriarca di Grado, considerando Nicolò V Io splendore a cui era giunta la città di Venezia, sede della possente repubblica, la moltitudine e coltura del suo popolo, la particolare costante divozione de’ veneziaui alla s. Sede, 1’ essere Grado a pessima condizione ridotta, scarsa d’abitanti e resa insalubre dalla mal’ aria; annuì all’istanze del doge e senato veneto, ed elevò il vescovato di Castello a patriarcato, invece di quello di Grado che soppresse, dichiarando protopatriarca di Venezia s.Lorenzo Giustiniani allora vescovo Castellano, come meglio dirò nel § XXI, 11. 4- Nicolò V nell4^2 coronò in Vaticano colla corona longobardica Federico III d’Austria e poi colla corona imperiale, insieme all’imperatrice Eleonora di Portogallo. Colla medesima Federico III prima di recarsi a Roma volle visitare Venezia, levato prima con gran pompa di barche dal marchese Borso d’Esle, indi incontrato dal doge Foscari nella regale e superba nave del Bucintoro, corteggiata da immenso altro numero di barche. Pel Canal grande, i cui palazzi erano niagni-P. II. 209 floamente addobbati, andò a discendere al palazzo del marchese. Altro splendido ricevimento ebbe 3 giorni dopo nel recarsi ad abitar la casa de* Vitturi a s. Eustachio. Si celebrarono corse di barche, luminarie e altre feste; e ricchi doni furono fatti all'imperatore e all’ imperatrice alla loro partenza. Narra il Corner che Nicolò V neh449 donò alla repubblica una spada ornata d’oro e d’argento, ed un elmo benedetti , cioè il solito Stocco e Berrettone ducali, poi venduti al doge Malipiero, indi per decoro ricuperati dal senato e riposti nel tesoro di s. Marco, ordinando che la spada si portasse nelle visite ecclesiastiche in cui interveniva il doge col senato. Ed il prof. Piomanin dichiara, cheneli4i>i Nicolò V a mezzo dell’ambasciatore Nicolò Canal, infelice poi nella difesa di Ne-groponte, donò al doge la spada d’oro, il cinto e l’ombrella. Minacciato indi l’imperatore Costantino XII Paleologo, fratello e successore dell’intervenuto al concilio generale, da Maometto II imperatore de’turchi, come i predecessori agognando all’assoluto dominio universale, Nicolò V l’ammonì a far eseguire l’unione della Chiesa greca alla latina, giurata nel concilio, altrimenti avrebbe perduto l’impero, come si verificò (al riferire del Novaes nella Storia di Nicolo V: ma dissi nell’articolo Grecia e altrove, che veramente l’unione fu promulgata solennemente a’i3 dicembre ifói in si Sofia, ma fallì il suo scopo perchè troppo tardi); ad onta che avesse eccitato i principi, particolarmente d’Italia, a frenare il comune nemico, e mandato a Costantinopoli 3o galee, cioè 10 a proprie spese, 10 a quelle d’Alfonso I, eio de’ veneziani (secondo Novaes e altri), comandate da Giacomo Loredano, e per legato l’animoso cardinal Isidoro ruteno arcivescovo di Kiovia, oltre l’arcivescovo di Ragusa. Ma il Papa non secondato dagli altri principi, con dolore immenso intese e-spuguatu Costantiüopoli da’feroci turchi