suo biografo Moscliini. Altro certamente c più diffuso è il cav. Cicogna, Inscrizioni Veneziane, t. i, p. 279. Anche la sua esaltazione al dogado scosse 1’ estro e le penne de’ poeti, e fra gli altri la società ile’mercanti fece eseguir nelle sue sale il Vaticinio di Proteo, e la società de’fi-larmouici 1’ Unione del senno e della fortuna, due cantate in cui il faraosoGa-spare Pacchierotti fece risuonar le sue coavi modulazioni. Nella sagrestia della metropolitana d’Udine fu in questa occasione eretta l’onoraria marmorea iscrizione riprodotta dal Cicogna: Ludovico Manino-DIajornm glorine et religionis haeredi- Ad Venetae lìcipitblicae prin-cipatum eveclo- Canonici lfIetropol.ee-rlcsiae Ulinensis- Devoli amantissimo (luci-Et Maninae genti de hoc tempio praeclare vierilae. - Grahdanles fausta a Dco precantur - An. rep. sai. mdcclxxxix. Ma il voto de’cnnoniui,ch’era pur quello di ciascun veneziano, non fu dal cielo secondato. Riserbato era che sot-tó questo doge la gloriosa, la nobilissima, la celeberrima repubblica di Venezia aver dovesse il suo fine. Le notissime cagioni aiFalto non si devono attribuire al suo capo. La conservazione della repubblica veneta, come ottimamente e imparzialmente osserva il segretario Quadri, sì hella Storia della Statistica, sì nel Compendio della storia venda, dopo la pace di Passarowitz, che fu nel 1718, era divenuta del tutto precaria e incerta.«Quel vigore vitale,dic’e-gli, che l’avea preservata ne’ passati pe-■'glij più non ¡scorreva nelle sue vene. Alla politica debolezza congiunta era l’inerzia che tanti anni felici di pace avevano infelicemente infusa nel governo, per £ui non seppe prevenire da lontano la scossa che da vicino non avea forza di so-genere.Non dissimili sono i ragionamento d un celebre storico forestiero. La lunga pace, egli dice, viaveva ammollito gli animi, e se vi rimanevano ordini buoni, Mancavano uomini forti per sostenerli. 6a3 Lo repubblica credette colla sola sapienza civile potersi preservare salva ne’peri-coli che radi ancora si rappresentavano. Ma la sola sapienza civile non poteva più bastare senza la forza, anzi quella era venuta in derisione. Venezia stimata da lutti, temnta da nessuno, se era capace di .risoluzioni prudenti, non era di risoluzioni gagliarde; 1’ edificio politico vi stava senza puntello ; una prima scossa il do-vea fare rovinare. Nè il doge, nè altri dunque riparar poteva a quella caduta, che i male intenzionati e i nemici interni affrettarono solamente nel 1797 ; ma che grandi uomini di stato aveva da molli anni addietro vaticinata Nell’ infelice suo dogado, prese gran cura delle pubbliche cose, senza dimenticar le private e domestiche, riformando l’interno ordinamento del palazzo del suo noine sul Canal grande a destra, di cui feci parola nel§XlV,n. 1;ne arricchì la biblioteca, la quale venne poi aumentata anco da’ nipoti, e tornato nella vita privala nuovamente vi abito.Protesse le arti e le lettere, e fu benefico principe. A’3 agosto Pio VI creò cardinale il veneto uditore di Iìota Lodovico Flangini, cui die’ in successore il patrizio Giovanni Priuli a’ 16 novembre 1 790, e fu l’ultimo udito-redi Rota nominato dalla repubblica, come già notai nel dogado 88.°Nellabiografia elei cardinale narrai, che il Papa ritardò la promozione sua alla s.porpora, benché ne faceva istanza la repubblica, finché questa non gli assegnò la provvista, che fu di 12,000 ducati, e divenne patriarca della patria. Ultimo ambasciatore della repubblica presso la s. Sede fu il patrizio veneto Pietro Pesaro in cui si e-slinse la sua famiglia. EbbeafratelloFran-cesco, di cui dovrò parlare. L’ambasciatore Cappello avendo ripatrialonel 1 790, fece in pieno senato un rimarchevolissimo ragguaglio dell’attuale posizione della Francia sì relativamente a se stessa e sì relativamente all’Europa. Vedendosi scoraggialo dal poco successo del suo dire,