la solita aggiunta, poi ordinò diligentissime ricerche e promise preinii a chi scoprisse il colpevole. Profondo mistero copriva il delitto, ad onta delle minute indagini, finché ai gennaio i \51 fu portata una denunzia sottoscritta da Antouio Venier per cupidigia della taglia, come inutilmente avvertì il consigliere Luca da Lezze, onde sospendere la procedura; quindi improvvisamente segni tosto la cattura di Jacopo Foscari, confermando i sospetti su di lui 1’ accennata magistratura di Ermolao e certi segni di mal a-nimo tra loro, ed anche per averne Olivieto Sguri servo del Foscari, nel dì seguente dell’ assassinio per tempissimo parlato a Mestre, anzi nella sera in cui fu commesso aver girato per la piazza di s. Marco. Tutti indizi e fondamenti deboli e fuor di ragione, che a quanto si narra, erano però Fatti valere dalla famiglia Loredan nemica de’Foscari, per le cause che vado a indicare. Pietro Loredan ammiraglio e capitano generale, competitore del doge Foscari nell’elezione, come già narrai, era illustre per le cose operate in Levante, per aver frenato la plebaglia terribilmente insorta in Venezia per eccesso di gioia alla voce sparsa del riacquisto di Brescia, per aver riordinato l’armata del Po contro il Visconti e poi con valore combattuto. Anche nella bella e maschia eloquenza egli disputava la palma al doge Foscari, il quale ne sentiva non poco dispetto, ma dissimulando. A tuttociò aggiungasi, che pe’ soprusi in Legnago di Andrea Trevisan genero del doge, Marco Loredan, fratel- lo di Pietro, verificatili lo condusse a Venezia ove fu severamente punito. Ma essendo poco dopo morto Marco, fu supposto di veleno. Ed era avvenuto altresì, che Pietro malcontento della condizione della sua armata, nel 1438 avendo domandato tornare a Venezia perchè infermo , poco dopo vi morì egualmente con sospetto di veleno; sospetto che do-vea più ragionevolmente cadere sul Vi- 2l5 sconti, di cui ben si conoscevano le arti, piuttosto che sul doge, il quale mai avea dato segno di crudeltà. Niqn indizio e-sistendo ne’documenti di tal accusa contro i Foscari, non può darsi credito al narrato di qualche cronista, che Jacopo figlio di Pietro Loredan dopo la morte di questi scrisse in un suo libro di negozio quelle due morti a debito del doge, e ottenuta che n’ebbe vendetta , aggiungesse di contro le parole: L’ha pagata. O come altri vogliono, alla morte del doge segnò di contro alla partita : I F.oscari a lui debitori di due vite, le parole: IFoscari mi hanno pagato. E tuttociò, aggiungono, perchè Jacopo credeva la voce sparsa d’ esser morti il fratel- lo e il padre di veleno, onde lo scolpì sulle loro tombe, e ritenerne autori i Foscari. Ma se Jacopo avesse veramente creduto il doge reo di quelle morti, osj serva il prof, itoinanin, perchè non promuoverne il processo, perchè non farne cenno allorché tanto si adoperò, come si pretende, per la sua destituzione? Laonde non può ammettere, se non con molto riserbo, che le sciagure di casa Foscari fossero opera dell’odio de’Loredani. Un tribunale allo scopo di scoprire un delitto deve ad ogni modo farsi coscienza di tutti gl’ indizi e cercare di seguirne le tracce fino all’ultimo. Quindi arrestato nello stesso giorno della denunzia Jacopo Foscari, come dissi, fu mandato tosto a interrogare Andrea Donato fratello dell’ucciso, per sapere da lui se mai avesse udito parole o conoscesse fatti che avvalorar potessero il sospetto contro Foscari, tanto più che Ermolao era spirato il 7 novembre , dichiarando perdonare l’incognito uccisore. A’26 marzo terminato il processo e risultando, come si e-sprime la sentenza:« perle testimonianze e le scritture, essere Jacopo Foscari veramente colpevole dell’uccisione d’Er-molao Donato, sebbene, a cagione della debolezza del corpo suo e di alcune parole d’incanto (cioè si volle attribuire a