204 di recarsi al concilio generale di Herrara per implorare il soccorso de’principi cristiani mediante il gran zelo d’ Eugenio IV, sagrificando le sue convinzioni col-l’acconsentiie alla riunione delle due Chiese. Venne egli accolto dalle 3 galee del Papa, da una dell’ imperatore e dalle 2 ovvero 4 inviate da Venezia, la quale inoltre stipendiò 3oo balestrieri a difesa di Costantinopoli. Il Paleologo arrivò in Venezia l’8 febbraio i438, accolto splendidamente al Lido, seguilo dal fratello Demetrio despota di Morea, dal patriarca greco Giuseppe, e da molli prelati e signori. Nello stesso giorno o uel dì seguente si recò a visitarlo il doge nella propria galea, indi passò in altra ad ossequiare il patriarca. L’ingresso solenne in Venezia si fece dall'imperatore nel Bucintoro, accompagnato dal doge, con tutta la magnificenza propria de’ veneziani, tra il plauso del popolo, che al ponte di Rialto presentò un imponente spettacolo. L’imperatore discese al palazzo del marchese di Ferrara. Con altrettanti onori, l’imperatore dopo aver dimorato tutto il mese a Veuezia, e avere scritto lettere a tutti i principi d’Europa invitandoli a venire o a mandare loro rappresentanti al concilio (perchèla più parte continuavano a tenere i loro rappresentanti a Basilea, non credendolo divenuto conciliabolo, e ritenendolo ecumenico lo rispettavano, o almeno per le loro mire d’insubordinazione lasciavano fare), si partì per Ferrara accolto da Eugenio IV. Del soggiorno in Venezia dell’ imperatore si ponno leggere illettagli nel mai abbastanza lodato prof. Ilomaniu, di cui tanto mi giovo a onore di Venezia sua patria, e negli Annali Urbani del cav. Mulinelli a p. 268. Penetrata la peste in Ferrara, Eugenio IV si trovò obbligato di pubbli-caiea’io gennaio 14^9 il trasferimento del concilio ecumenico a Firenze. Altri dissero, che il vero motivo della traslazione fu 1’ occupazione delle principali convicine città , operata dal Picciniuo d’ordine dell’irrequieto Filippo M." Visconti, inclusivamente a Raveuna ch’era sotto la protezione veneziana. L’imperatore, il patriarca e gli altri greci seguirono il Papa a Firenze, ove fu proclamata l’unione delle Chiese latina e greca, nella maggior parte poco durata per la solita malizia e incostanza greca, e solo restò quella porzione di greci che dicesi la Chiesa greca unita. Continuando l’ecumenico concilio e il conciliabolo basileese a condannarsi a vicenda, l’iniquo duca di Milano non cessando d’istigare gli scismatici della conventicola di Basilea, a di lui insinuazione giunse la sua impudenza, per dar prova del suo potere superiore, a empiamente deporre a’2 5 giugno 1439 il Sommo Pontefice Eugenio IV, l'idico-losamente dichiarandolo decaduto dal pontificato; indi per la medesima ostentazione di quel potere che non aveva, ad avere un valido appoggio alla riprovevole lolla, a 5 novembre elesse antipapa A-medeoVIII duca di Savoia (U), che ceduto il trono al figlio Lodovico erasi ritirato in Ripaglia, ad onta che il regnante duca avesse protestato contro l’operato del conciliabolo riguardo a Eugenio IV. L’illuso e d’altronde savio Amedeo Vili, benché ripugnante, accettò l’antipontifìcato e prese il nome di Felice V, consolidando così l’infelice scisma. Contento il Visconti del successo di sue mene e strana politica, profittando delle conseguenti confusioni, indusse lo Sforza a passare occultamente nel regno di ¡Napoli a sostenervi il partito Angioino, mentre in apparenza erasi riconciliato con Alfonso I. Ma essendo lo Sforza ancora agli stipendii de’fìorentini, tosto il richiamarono, ed i veneziani consigliarono il Papa a lasciarlo pacifico possessore della Marca, come suo unico mezzo di salvezza. Alquanto prima di tale epoca, accordatosi il marchese di Mantova col duca, i veneziani per vieppiù amicarsi quello di Ferrara gli restituirono il Polesine con alcutie riserve,ed armatisi per-